IL GARANTE PER LA PRIVACY AVVERTE: “CON GLI SMARTPHONE SIAMO SPIATI”

Antonello Soro, il Garante della privacy, si rivolge alle massime cariche istituzionali lanciando l’allarme spionaggio.Il 30 aprile scorso infatti, Soro ha inviato una lettera alle cariche politiche del Governo, parlando di “sorveglianza di massa”, ma anche di applicazioni in grado di spiare, e dell’uso di software per la captazione informatica.I software ai quali fa riferimento il Garante, sono quelli che utilizzano le procure per le intercettazioni mediante telefonino alle persone sotto indagine. Il Garante, che si avvia verso la fine del suo mandato (terminerà a fine giugno), afferma che vada immediatamente cambiata la legge prima dell’entrata in vigore della sua riforma, disposta dal precedente governo.Si rivolge ai presidenti di Camera e Senato, al premier Giuseppe Conte e al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, con l’avvertimento che questo stato di cose porterà ad un punto di non ritorno. L’ultima sua Relazione annuale al Parlamento, quella del prossimo 7 maggio, sarà quindi improntata anche sulla abolizione dei “trojan”, i cavalli di Troia informatici, particolari software che vanno a “contaminare” segretamente i cellulari per prenderne il controllo.Le operazioni che sono possibili fare grazie a questi trojan, sono molte e vanno dall’accensione della webcam, all’attivazione del microfono, trasformando così l’innocuo cellulare in un microfono ambientale. Ma queste app sono in grado di registrare conversazioni, leggere contatti in rubrica, leggere le conversazioni Whatsapp e gli sms, accedere agli appunti ed alle foto, si può registrare cosa si digita sulla tastiera, compreso le password e si possono leggere chiavi d’accesso e carte di credito. Poi naturalmente si riesce ad individuare, grazie al Gps, la posizione della persona spiata.Alcuni software spia, sono anche in grado di cancellare le tracce delle operazioni, caratteristica questa che rende impossibile verificare se ci sia stata un’alterazione dei contenuti del cellulare. L’allarme lanciato da Soro scaturisce dal recente scandalo “Exodus”, un software spia realizzato da un’azienda italiana e adottato da carabinieri, polizia e Guardia di Finanza che però è stato implementato in alcune app gratuite che avevano lo scopo di migliorare il telefonino nelle sue performance e si potevano scaricare dalla piattaforma Google. Così molti cittadini che non erano ovviamente sottoposti ad indagini sono finiti sotto intercettazione.I responsabili delle aziende che hanno realizzato Exodus (E-surv e Stm), hanno ammesso l’errore. Ma intanto i dati raccolti sono dentro un server di Amazon in Oregon negli USA.Il Garante avverte che queste app potenzialmente sono strumenti di sorveglianza massiva, urge dunque una “riflessione sui limiti di utilizzo di questi software a fini intercettativi, valutando anche la possibilità di introdurre un divieto”. Secondo Soro, il decreto va riformato, ma in questi termini: va imposto ai Gip l’obbligo di luogo e tempo per l’intercettazione col software spia. si deve poi modificare la parte del decreto che legittima l’acquisizione dei dati in qualunque momento. Altro punto che secondo il garante deve essere rivisto, riguarda l’introduzione del divieto di divulgazione e dell’uso delle conversazioni che riguardano persone estranee alle indagini. In ultimo, il divieto di quei software capaci di cancellare le proprie tracce e quelle delle operazioni svolte sul cellulare. Tuttavia spiega Soro: “La maggior parte di tali indicazioni non è stata recepita dai testi approvati. Manca soprattutto la previsione di garanzie adeguate per impedire che questi strumenti investigativi, da preziosi ausiliari degli organi inquirenti, degenerino in mezzi di sorveglianza massiva o in fattori di moltiplicazione esponenziale delle vulnerabilità del compendio probatorio, rendendolo estremamente permeabile se allocato in server non sicuri o peggio, delocalizzati anche al di fuori dei confini nazionali”. In pratica tra gli obiettivi del Garante della privacy, oltre al divieto delle app-spia, c’è una regolamentazione che preveda che le intercettazioni siano archiviate in server italiani, che in effetti parrebbe logico. Non si capisce la ragione per cui del materiale frutto di intercettazioni destinate alle indagini delle Forze dell’Ordine italiane, debba essere archiviato in altri Paesi.Ora resta da attendere le risposte che le istituzioni faranno seguire alla lettera di Soro, che comunque vada, avrà aperto una ferita sulla tematica.