ACCOGLIENZA AI MIGRANTI. GLI INTOLLERANTI PARVENU INSEGUONO LA DESTRA

Scriverò quest’ultimo post sulla questione migranti (a qualsiasi titolo) soltanto perché sono stufo di sentire stupidaggini addossate a chi cerca soltanto di coniugare solidarietà, umanità, sicurezza e convivenza pacifica. Detto questo non tornerò sull’argomento e non replicherò a commenti, sia a favore che, tanto meno, contro.Essere per l’accoglienza non significa voler ospitare tutti, ma dare priorità (programmandola e organizzandola) alla salvezza delle vite umane e all’applicazione della nostra Costituzione che prevede il “diritto d’asilo” e trattamenti umani per gli stranieri che arrivano sul nostro suolo. L’esatto contrario di quello che fa Minniti che si occupa soltanto di bloccare i migranti in Libia con tutte le conseguenze che questo comporta in termini di morti e atrocità compiute su chi già fugge da guerre, fame, devastazioni (avete sentito parlare di numeri, di futuro di chi è arrivato?).Ho visto spesso ripetere: “perché non li prendi a casa tua?”. Ma a qualcuno è stato mai chiesto di ospitare in casa queste persone (a meno che non l’abbia fatto volontariamente e per questo è stato pure perseguitato)? L’Italia abbonda di edifici, moltissimi pubblici, in stato di abbandono o (come nel caso dei beni sequestrati ai mafiosi) congelati e inutilizzati (perché non pensarci prima?). Lo spazio non manca e i numeri non giustificavano l’allarmismo. Lo ripeto, parliamo di circa 250mila persone in due anni, lo 0,41 % della popolazione italiana.Le migrazioni, vista l’esplosione demografica, la desertificazione e le continue guerre e carestie di cui soffre l’Africa, non si fermeranno certo perché lo vuole Minniti (il quale non essendo scemo, infatti lo precisa). Allora? Ammesso e non concesso che quella intrapresa dal nostro ministro dell’Interno (perché solo lui? giustizia, welfare, esteri, non era meglio coordinarsi?) sia la strada giusta per l’emergenza (faccio notare che non a caso è piaciuta a Macron e Merkel che proprio di sinistra non sono) e dato per scontato che il fenomeno proseguirà: che facciamo per il futuro? Come li aiutiamo a casa loro? Avete sentito parlare nella prossima finanziaria di aumenti al budget della cooperazione? Vi risulta aperto un contenzioso con l’Europa per trovare una soluzione di prospettiva e non soltanto emergenziale?Che il sistema d’accoglienza italiano sia pieno di problemi e che spesso si sia rivelato un buon affare per realtà poco limpide è senz’altro vero. Ma, all’interno della gestione pubblica – che già esiste – ci sono delle differenze. Se da un lato, infatti, ci sono i Cas, Centri d’accoglienza straordinaria promossi dalle Prefetture che affidano l’accoglienza a soggetti privati (un modello centralizzato a carattere emergenziale e criticato da più parti), dall’altro nell’ultimo decennio sta prendendo sempre più piede il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati Sprar, una rete che fa capo a enti locali e organizzazioni impegnate nella realizzazione di una “accoglienza integrata” e diffusa. Si tratta di strutture più piccole, inserite nel tessuto urbano che prevedono, attraverso la presentazione di un progetto e il monitoraggio di spese e procedure, percorsi personali di inclusione sociale e una responsabilizzazione delle amministrazioni locali. Stando ai dati contenuti nell’ultimo Atlante Sprar, a giugno dello scorso anno il sistema garantiva accoglienza a 26.700 richiedenti asilo e rifugiati in 674 progetti (di cui 109 dedicati a minori non accompagnati e 45 a persone con disagio mentale o disabilità) e coinvolgeva 574 enti locali, per un totale di circa 1.200 comuni coinvolti. L’alternativa all’approccio emergenziale, dunque, esiste già. Si tratta solo di implementarla. (Fonte: Open Migration)Con il memorandum firmato a febbraio dal governo italiano e da quello di Serraj, il nostro paese sostanzialmente si impegna a fornire strumentazione e sostegno militare e strategico, in cambio di controllo e blocco delle partenze dei migranti da parte della Libia. Secondo l’Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), si tratta di un accordo “in totale spregio del diritto di asilo consacrato nella Costituzione italiana e del dovere di rispettare i diritti umani”, firmato con un paese “che non ha ratificato le più fondamentali convenzioni in materia di diritti d’asilo”, e “continua a sottoporre i profughi in fuga a trattamenti disumani e degradanti in centri di detenzione” – come testimoniato da numerosi rapporti e appelli di organizzazioni internazionali. In questo contesto, il fatto che i “campi d’accoglienza” siano “sotto l’esclusivo controllo del Ministero dell’Interno libico” senza garanzie terze non fa di certo ben sperare. “Rallentare i flussi”, dunque; ma a che prezzo? (Fonte: Open Migration).Il piano del Viminale ha “potenziato le commissioni per il diritto all’asilo per ridurre i tempi di definizione dello status (oggi ci vogliono 2 anni), nei processi ridotto il giudizio di 1° grado, ha istituito piccoli centri di ‘sorveglianza’ per quei 1.600 clandestini, il cui rimpatrio forzoso è complesso”. Questa diminuzione dei tempi di definizione dello status di rifugiato è stata messa in atto sostanzialmente riducendo le garanzie in sede giurisdizionale per i richiedenti asilo, eliminando un grado di giudizio solo per questa categoria di persone. Una scelta che l’Associazione nazionale magistrati (Anm) ha definito “preoccupante”: “Eliminare del tutto la garanzia dell’appello in materia di diritti fondamentali della persona, qual è il diritto alla protezione internazionale, appare obiettivamente disarmonica, ai limiti dell’irragionevolezza, nel quadro di un ordinamento processuale che, come il nostro, prevede tale garanzia per la stragrande maggioranza delle controversie civili, anche di infimo valore patrimoniale o extrapatrimoniale, comprese le impugnazioni delle sanzioni amministrative irrogate per la violazione di un divieto di sosta”. (Fonte: Open Migration).I “piccoli centri di sorveglianza”, invece, seppur con tutte le (annunciate) differenze del caso, non sono altro che una prosecuzione del fallimentare sistema di detenzione amministrativa che l’Italia ha sperimentato con i Centri di identificazione e di espulsione (Cie) – stagione che, dopo denunce e rapporti, sembrava destinata ad esaurirsi. (Fonte: Open Migration).Concludendo non si tratta di buonismo, ma di applicazione di norme del diritto internazionale (al quale ci si richiama ogni volta che si deve giustificare una guerra “democratica”) e della Costituzione. Si poteva fare con raziocinio e intelligenza. Ma qualcuno doveva inseguire la destra sul terreno del “dagli all’immigrato”. Mi sbaglierò, ma le elezioni non sortiranno l’effetto voluto per questi parvenu dell’intolleranza.