SVEZIA: L’ECONOMIA VOLA E A STOCCOLMA CERCANO LAVORATORI STRANIERI

Sebbene recessione economica e crisi migratoria abbiano avuto inevitabili conseguenze all’interno del tessuto sociale, la Svezia continua a rappresentare il paese civile e democraticoad hoc, attento alle diversità sociali e alle pari opportunità, dove il sistema del welfare ha permesso un efficace meccanismo ad incastro tra integrazione e assistenza. A questo, si aggiunge una continua crescita economica (del 3,1% per l’anno corrente e del 2,5% previsto nel 2018) che ha prodotto nell’ultimo anno un avanzo primario in bilancio di circa 8 miliardi di euro. Una somma che ha permesso il governo nazionale di investire ingenti risorse nel settore manufatturiero e dell’istruzione, tanto da creare un dislivello positivo tra domanda di lavoro e offerta. In un paese di appena dieci milioni di abitanti, un’eccessiva domanda di lavoro può però portare alla mancanza di manodopera. Per questo, alcune aziende del paese hanno deciso di abbassare i requisiti minimi di lingua per permettere anche a chi parla uno svedese elementare di venire assunti nelle varie fabbriche. E per superare i problemi linguistici, viene usata una lingua mista di parole, gesti e disegni che consente al dipendente straniero di imparare la lingua lavorando direttamente sul campo. Questo “nuovo” linguaggio è già stato ribattezzato come “Scania swedish”, dal nome dell’azienda, Scania, che per prima ha proposto questo metodo d’integrazione innovativo. A raccontarlo è un reportage della radio nazionale Sveriges Radio, che è entrata proprio negli stabilimenti della Scania, azienda internazionale di tir e mezzi pesanti per il trasporto merci, per capire come possa funzionare un sistema di produzione che utilizza questo metodo di apprendimento. Paul Ntambi, originario dell’Uganda, parla della difficoltà iniziale nell’integrarsi in una società molto diversa dalla propria senza avere la conoscenza minima della lingua nazionale. Ora, spiega, riesce almeno a comunicare. “Di fatto è stata la direzione aziendale a venirci incontro – dice – hanno abbassato gli standard interni di conoscenza della lingua locale, e poi ci aiutiamo tracciando disegni. A volte all’inizio è difficile, ma il linguaggio dei disegni nasce e si sviluppa alla catena di montaggio ogni giorno, a seconda delle esigenze produttive, per cui si finisce per capirsi sempre di più” continua, “ e ascoltando le risposte dei capi-reparto, scritte e vocali, si va avanti nel possesso della lingua svedese”. Helena Segerberg-Bystrom, responsabile della linea di montaggio della Scania, spiega che da un pò di tempo “la domanda di lavoro da parte nostra è tanto cresciuta che la Randstad – l´azienda che è la principale agenzia di collocamento – ce la fa solo a volte a offrirci lavoratori che parlino svedese correntemente”. Allora Scania, seguita da altre aziende di eccellenza del paese-guida del Grande Nord, ha dovuto far fronte al problema abbassando gli standard linguistici. Come spiega poi la responsabile, tale scelta delle aziende ha portato alla creazione di circa 89mila posti di lavoro, assegnati quasi in toto a migranti o stranieri, appunto perchè la manodopera svedese non basta più. Un metodo d’apprendimento funzionale all’integrazione del mondo del lavoro, che fa fronte anche al problema della crescente disoccupazione tra gli immigrati nel Paese. Se infatti tra i nativi svedesi i senza lavoro arrivano appena al 4%, per chi viene dall’estero la situazione è più complessa, con la percentuale che tocca il 22%. Sebbene sia una percentuale al di sotto della media, sopratutto per una nazione come la Svezia in proporzione ai cittadini ha accolto il più alto numero di migranti rispetto agli stati europei, la difficoltà non risiede nella domanda di lavoro, ma nella questione dell’integrazione con la società civile. Molto spesso, i richiedenti asilo provenienti da paesi come Somalia o Afghanistan non conoscendo una lingua straniera, tendono a chiudersi nelle rispettive comunità locali, aumentando così il divario tra la società e le comunità e rendendo l’integrazione più complicata.Come spiega ilArbetsförmedlingen, l’ufficio di collocamento svedese, per la prima volta dal 2013, la disoccupazione presa in assoluto, cioè migranti compresi, è aumentata di 4000 mila unità, per un totale di 364 mila. Solo nel 2015, anno nero della crisi migratoria, sono stati 163 mila i richiedenti asilo, di cui 36 mila minori. Ora secondo le nuove regole sull’immigrazionei richiedenti asilo ricevono un permesso temporaneo di 3 anni (che si riduce a 13 mesi per chi ha uno status di rifugiato sussidiario) e non più permanente, e non hanno diritto alla riunificazione familiare, salvo eccezioni. In caso di decisione negativa, se prima potevano restare per un certo periodo nelle strutture governative d’accoglienza, ora hanno 4 settimane di tempo per lasciare il Paese volontariamente, altrimenti vengono privati di dimora e sostegno sociale.