VANDEA
I morti meritano di essere rispettati. Tutti, ma soprattutto quelli che non ebbero paura di morire per salvaguardare la propria fede, la propria libertà, i propri figli. Alcuni giornalisti hanno sentito il bisogno di accostare la Verona di questi giorni alla Vandea del XVIII secolo. Dubito che sapessero di cosa stessero parlando: gli storici, infatti, ritengono quello della Vandea il primo genocidio della storia moderna. Abbassiamo la testa. Anche lo stereotipo di un Medio Evo sinonimo di oscurantismo lascia il tempo che trova. È incredibile vedere quanto le ideologie, le idee preconcette, gli ordini di scuderia, possono alterare l’onestà e il senso critico di chi scrive. A Verona si discute di famiglia. Tutto ciò che è stato e viene detto può essere opinabile. Non entro nel merito. Non vengono emanati dogma di fede. C’è gente che si confronta, parla, dice la sua; gente preoccupata per il futuro dei suoi figli e delle future generazioni. E studia, lancia messaggi, fa informazione, tenta, faticosamente, di indicare una strada. Non è la sola, naturalmente. Altra gente, altrettanto preoccupata, parla, studia, indica altre vie. Il confronto ci aiuta a crescere. Siamo in democrazia, non sotto dittatura. Pur dando per scontato la retta intenzione di tutti, si rimane sbigottiti per le reazioni che tanti hanno avuto e hanno nel confronti del congresso. Contromanifestazioni, bugie, menzogne, offese agli organizzatori. Intollerabile. La persona comune ma onesta si chiede: perché? La risposta potrebbe essere antipatica. Ma noi vogliamo continuare a credere alla buona fede di tutti. E, come sempre, poter intervenire nel dialogo, con le caratteristiche che ci sono proprie. Cioè, con educazione, rispetto per tutti, amore alla verità. Pronti a confrontarci con tutti, sforzandoci di farci capire da tutti, non crediamo che sia un bene mentire o confondere le idee ai semplici. Al contrario, crediamo che sia nostro preciso dovere parlare nella verità. A cominciare dalla verità storica, debito che abbiamo verso chi non può difendersi. Sarebbe bello se, nei giorni che verranno, qualche storico illustre potesse illustrare ai giovani l’orrore e il terrore degli anni delle stragi vandeane. Sarebbe altrettanto bello se l’epoca che per comodità chiamiamo Medio Evo potesse essere altrettanta studiata e illuminata. I secoli delle grandi cattedrali di pietra e di pensiero meritano di essere conosciuti e rispettati. Il tempo che ha dato i natali a Francesco d’ Assisi, non può essere così buio come lo si descrive. Tra le tante notizie di questi giorni una, in particolare, merita di essere ripresa. «Io non sono uno di voi, non ho una famiglia tradizionale, penso anche che esistano tanti tipi di famiglia; mi sono battuto per anni per cose che voi probabilmente avversate: il matrimonio tra omosessuali, l’aborto, il divorzio, persino per l’utero in affitto, ma mi sento uno di voi oggi perché molti vorrebbero spegnere questo microfono da cui io sto parlando adesso. Abbiamo assistito ad una vera e propria campagna di criminalizzazione di quello che è un convegno, un incontro tra persone che parlano, che esprimono i loro pensieri. Qualcuno ha compilato addirittura una lista degli alberghi di cui siete ospiti per boicottarla, qualcuno ha detto che bisogna fare la lista dei traduttori come fossero criminali. Vedete io mi sono formato in un ambiente radicale, dei Radicali, e mi hanno insegnato una cosa: quando vuoi combattere un’idea la cosa peggiore che puoi fare è proibirla. La conclusione è semplice: ovunque cercheranno di vietare a voi di esprimere le vostre opinioni, io a quel punto sarò uno di voi, pur non condividendo nulla di quello che voi dite o pensate» ha detto Giuseppe Cruciani, che, come abbiamo visto, non è di certo un baciapile. L’affermazione di Cruciani la dice lunga sul clima che si respira nella città scaligera e nelle redazioni di qualche giornale. Perché il punto è questo. Ci siamo lavati la bocca nel ripetere quella frase che Voltaire non ha mai detto ma che tanto ci piaceva: « Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire». Perché, allora, appena colui che riteniamo essere nostro nemico si permette di parlare, facciamo di tutto per tappargli la bocca? Addolora e sconcerta questo clima di caccia alle streghe. Un solo altro elementare pensiero. È sulla vita nascente. Al di là della legge 194, sapendo bene – chi scrive è un prete in cura d’ anime che ha salvato da aborto certo decine di bambini – al di là delle proprie posizioni politiche, etiche, religiose, tutti siamo d’accordo nel dire che l’aborto non è passeggiata ma un dramma. Che nessuna donna abortisce a cuor leggero. Vero, non ho bisogno di crederci, l’ho visto con i miei occhi centinaia di volte. Partendo anche solo da questa cruda verità, ben sapendo quanto lacerante sia per la donna ricorrere all’aborto, non dovrebbe essere dovere di tutti, medici, infermieri, mamma, papà, volontari, chiesa, politica, scienza, farci avanti, aiutare questa sorella, arrivare prima e impedire che il dramma accada? E se con l’impegno, la vicinanza, l’incoraggiamento, il sostegno, la carità di tutti un solo bambino apre gli occhi a questa vita meravigliosa e bella, non dovremmo tutti saltare dalla gioia?
