L’ABORTO E LE CONTRADDIZIONI DELLA CORTE SUPREMA USA

L’ABORTO E LE CONTRADDIZIONI DELLA CORTE SUPREMA USA

Dopo le leggianti-abortodell’Alabama, dellaGeorgiae di altriStati del Sud, in questi giorni si parla di altre due provvedimenti inIndiana, firmati nel 2016 daMike Pence, l’attualevicepresidentedegli Stati Uniti. Dopo aver vagato per diverse Corti e non aver trovato giudici disposti a prendere una decisione unanime sulle due leggi, martedì scorso queste sono arrivate allaCorte Suprema. Tutti gli occhi degli americani erano puntati sulla decisione perché sarebbe stata un’ottimaindicazionedi come inove giudiciavrebbero trattato le leggi più recenti sul tema come quella dell’Alabama. La prima legge, quella sull’aborto discriminatorio, è statabloccata: i supremi giudici hanno ribadito che una donna ha il potere di decidere cosa fare del proprio corpo e della propria vita indipendentemente dal motivo per cui abortisce. Niente nellaCostituzionepermette a uno Stato diinvadere la privacydi una donna, men che meno le sue decisioni. In molti hanno tirato unsospiro di sollievo, non solo per le donne, ma anche perché significa che la Corte Suprema non sembra essere disposta a toccare la famosaRoe vs. Wade, la decisione del 1973 suldiritto all’aborto. La seconda legge, invece, è stata confermata, in quanto, secondo la maggioranza dei giudici, non incide sulla scelta di una donna di abortire. Di una cosa sono convinta: se una donna decide di abortire, certamente non pensa di uccidere un bambino e men che meno pensa a dove seppellire il feto. Questa legge sarà unimpedimento psicologicoper chi non vuole o non può continuare una gravidanza. Puzza molto di obiezione di coscienza. Ma questa conclusione della Corte Suprema mi ha stupito ancora di più per il fatto che se il dibattito sull’aborto riguarda il principio secondo cui per alcuni un feto è già un essere umano e per altri non è altro che un gomitolo di cellule, allora perché dovrebbe essere trattato come unapersona morta? Mi sembra un controsenso. E mi ha preoccupato moltissimo. Il 59% degli americani ritiene che sia giusto abortire se il feto ha la sindrome di Down. Come a dire, a questo punto, che solo certe persone hanno diritto di nascere, altre meno. Ovviamente, questo è un tema estremamente dolente per me, che ho felicemente partorito un figlio con sindrome di Down e autismo, e questo è il punto: ognuno ha delle ragioni personali o ideologiche per supportare o meno le circostanze del termine di una gravidanza. E dove si ferma questa lista diragioni valide? A chi vuole un figlio maschio e scopre che sarà femmina? O vorrebbe un bambino con gli occhi verdi e non bruni? Non capisco perché le circostanze o le preferenze dovrebbero cambiare la posizione che si ha sull’aborto: chi siamo noi per valutare se le ragioni riguardo la scelta di una donna di terminare una gravidanza sono giuste o sbagliate? O si crede che il feto abbia unacoscienzae dunque sia un essere umano, o, al contrario, si pensa che un feto non abbia ancora le caratteristiche per essere una persona. Punto. Vista questa posizione, dunque, le due conclusioni della Corte Suprema sono contraddittorie tanto quanto la visione della maggior parte degli americani sul diritto di una donna di fare quello che crede. Pensavo, sinceramente, di essere un po’ più vicini a una visione più rispettosa deidiritti delle donne, e invece siamo ancora qui a seppellire feti. La strada è lunga, e la pazienza, sinceramente, comincia a traballare.