LA GENTILEZZA DEL TOCCO, ADDIO A PIETRO COCCIA
Entrato nel mondo del cinema, come ufficio stampa della Casa del Cinema, Pietro Coccia è stato il primo sorriso bonario che ho incontrato, la prima (e una delle poche) brave persone che hanno accompagnato questi miei anni di professione giornalistica. Era molto colto Pietro, ma anche sinceramente naif, era generoso al limite del parossismo, nelle parole che ti rivolgeva per incoraggiarti nel tuo lavoro come nel fare il suo: scattava tanto, continuamente, ovunque. Selezionava poco, goloso di immagini come era di altro, e anche perché a ogni foto dava un valore, anche quelle (non poche) fuori fuoco o dall’inquadratura “creativa”. Le foto qui sotto me le fece 11 anni fa: mia sorella Tania ed io lavoravamo già tanto ed era uno di quei momenti che ci eravamo ritagliati per stare un po’ insieme, farci due chiacchiere, sorridere come solo due fratelli sanno fare.Pietro aveva questa magia nelle mani e negli occhi: trattarti come una star, perché quell’immagine per lui valeva come quella scattata a George Clooney. Capiva che quel momento era importante per te e te ne regalava un ricordo (non a caso gli riuscivano meglio queste foto, spesso, che quelle professionali). Non era fotografo da photocall, Pietro, un tanto al chilo, lui doveva trovarti in un momento “sbagliato”, era curioso di facce e forse anche di pensieri. Sembrava ingenuo, eppure era tra i pochi a intuire se passavi un pessimo momento e magari a dirti goffamente la cosa giusta.Forse non era il fotografo migliore che io abbia conosciuto, ma è sicuramente una delle persone migliori che io abbia conosciuto. La sua umanità ha reso meno insopportabile a me la sopravvivenza in un ambiente malsano, incattivito, decadente. Mi mancherà. Ci mancherà. Anche per i suoi errori, per le sue imperfezioni. E scusami Pietro se in un momento complesso come questo, le ultime volte che ci siamo incontrati non mi sono fermato a parlare con te come e quanto avrei dovuto e voluto. Ora vado a riordinare quelle foto che in 20 anni hai fatto a mia moglie, ai miei genitori, ai miei amici con affetto, mandandomele la notte stessa con mail pesantissime, con due parole, con pudore.Ti saluto con il dolore che tu non abbia conosciuto e magari immortalato mio figlio Carlo. I tuoi occhi lo avrebbero accarezzato, quegli occhi malinconici, gentili, buoni, sempre un po’ a disagio perché tu eri di un’altra pasta e anche se tutti ti volevamo bene, sapevi di essere diverso da molti da quelle parti. Ci hai accompagnato con il sorriso e quella macchina sempre al collo, non guardando quasi mai ma scattando ad intuito, e nessuno di noi era pronto alla tua partenza, così presto. Sarà strano non vederti più, non essere accompagnati da te nelle nostre avventure professionali.Con tutto l’affetto che avrei dovuto dimostrarti meglio, ma lo dicevi pure tu “Boris, sorridi, che vieni bene in foto” e io ti dicevo che nessuno riusciva a farmi venire bene in foto.Beh, Pietro, qui mi piaccio. E quindi grazie e che cazzo, questo rullino non doveva finire troppo presto. Ci hai lasciato la memory card piena di ricordi e immagini e senza la possibilità di condividerli più con te. Click.
