TRUMP A LONDRA, ALBRIGHT PRESTO IN KOSOVO. L’AMERICA SFASCIAMONDO DI SEMPRE

Mr. Donald a Londra. Manifestazioni contro. Ciascuna delle sue parole ha il suono retorico di Cicerone: “Delenda Europa”: la Ue, ma anche, con lei, lo stesso continente, vanno sfasciati. Ogni parola del presidente Usa trasuda di questo concetto. Le trattative brexit con la Ue? Affidatele a Farage, che notoriamente nutre per l’oltremanica sensi amorosi. In altre parole, un invito a fare sesso orale con un cannibale, nel nome della fiducia. In mancanza tifo garantito pro Boris Johnson come successore alla May. Diciamo la verità, anche senza l’appassionata solidarietà tra ciuffodotati biondastri, il nervoso Boris parte favorito, ma Donald, preso dall’entusiasmo va oltre. Cosa c’è di meglio che riempire di insulti, nel nome della non ingerenza, il sindaco di Londra che come bersaglio per il numero 1 made in Usa è l’ideale. Laburista che potrebbe ricordargli Sanders, poi pure pakistano, come dire un migrante come gli odiati messicani e per di più in odore di Islam. Da qui l’offesa più atroce, nella bocca di un cittadino statunitense: “Loser”. Letteralmente significherebbe soltanto “Perdente”, ma oltreoceano, dove dei podi dedicati ai piazzamenti non sanno che farsene, corrisponde a un’offesa mortale rivolta a cinque generazioni di progenitrici della vittima-bersaglio. Qui forse Donald ci mette un pizzico di involontaria cavalleria. Ha di fronte a sé Lady Theresa May, che nell’immaginario del pianeta terra rappresenta oggi tutto quello che si può incarnare nella figura di una sconfitta. Lei e il suo partito non sono messi meglio dei laburisti, ma Trump sorvola e rivolge il suo insulto con dedica alla controparte che puzza di socialismo. Ma non si illudano i conservatori. Domani potrebbe benissimo toccare a loro, nel caso qualche tory provasse a ricucire con Bruxelles. Il bianco anglosassone proveniente da Washington, con la delicatezza di un elefante nella cristalleria, conosce, magari senza saperne le origini, un solo motto della civiltà latina: “Divide et impera”. Per comandare è indispensabile seminar zizzania tra i nemici, ma anche tra i potenziali amici. A suo discapito o a suo demerito va detto che non brilla per spirito innovativo. Clinton ha sfasciato i Balcani; Bush l’Iraq. Obama in Siria non ha certo placato gli animi. Ora tocca a lui. Gli ingenui lo vedono in sintonia con Putin, in base al comune interesse per una Ue a pezzi. Possibile, ma anche le potenze europee, dichiaratamente, come l’Ungheria di Orban, o occultamente, come la Francia di Macron, ci mettono del loro. E poi anche con Putin domani potrebbe essere un altro giorno. Domani non sarà necessariamente un giorno uguale a ieri. Ucraina, ex Jugoslavia sono questioni che bollono in pentola. Il flirt col Vladimir delle passate elezioni Usa potrebbe presto sfumare. A proposito di Balcani: il 12 giugno sono attese a Pristina, in Kosovo, nel ventennale della fine della guerra Nato contro la Jugoslavia, le gemelline dei bombardamenti su Belgrado: la rediviva Madeleine Albright e la sempre più appassita Hillary Clinton. Da quelle parti si favoleggia di una Grande Albania, capace di far saltare nuovamente per aria i Balcani. A Pristina si dichiara che non muoveranno foglia che Washington non voglia. Che faranno le due signore che oggi criticano Trump? Pompiere o incendiarie? A lume di naso più la seconda della prima. Peraltro la Albright su Trump si è espressa con parole di fuoco definendolo fascista. Non entriamo nel merito perché rischieremmo di compiacerla. Ricordiamo che la signora definì “Un prezzo da pagare” la morte di un’apocalisse di bambini iraqeni la cui causa venne stimata essere stata l’embargo di medicinali verso Baghdad. Urge una metafora alla Bersani: la mucca è nel corridoio o più semplicemente una mucca che dà del cornuto all’asino? C’è solo l’imbarazzo della scelta.