UN GIORNALE SE SBAGLIA SI SCUSA. PER I PARLAMENTARI DIVENTA UN’IMPRESA ARDUA
Svariato tempo fa mi fu commissionato un servizio sulle assenze in Parlamento. Nello stilare le classifiche uscì fuori che un già sindaco di grande città e già segretario di partito di sinistra era tra i primi tre più assenti. Avemmo un po’ di accortezza per la sua persona e quindi gli telefonai prima che uscisse l’articolo chiedendo un commento, una giustificazione, che ne so: non feci neanche in tempo a finire la frase che cominciò a inveire contro Repubblica che, a suo dire, era colpevole di aver fatto vincere i populisti con articoli di quel genere.La questione per lui non erano le sue assenze, il fatto che venisse ben pagato dalla collettività per fare il parlamentare dunque prendere parte regolarmente ai lavori parlamentari, ma l’opportunità stessa che un giornale (perdipiù “amico”) si permettesse di chiedergliene conto. Non gli sfiorò neanche lontanamente il pensiero che proprio comportamenti come il suo avevano, tra le tante cose, spianato la strada ai famigerati populisti. Perché un dirigente politico di primo piano specialmente di “sinistra” dovrebbe conoscere la realtà fuori dalla politica, dove le persone in media guadagnano 5-10 volte meno di un parlamentare e si barcamenano tra presenze sul luogo di lavoro, orari, cartellini da timbrare, lavori da portare a termine, ferie da concordare con capi e colleghi, il dover continuamente dimostrare al “datore di lavoro” di essere utili, performanti, disponibili, puntuali. E quindi comportarsi di conseguenza, rispettando il suo mandato con una presenza costante in aula.«Fare politica non è solo stare in Parlamento, ha capito?!», mi fece la lezione il grande stratega. Verissimo, per carità, se non fosse che lo stipendio in teoria glielo pagavamo (paghiamo) per fare politica attraverso il lavoro parlamentare.Oggi sempre su Repubblica si raccontava l’assenza di buona parte dei parlamentari del Pd, venerdì sera, per il voto finale sul «decreto Crescita». In pagina c’era una foto del parlamento mezzo vuoto, ma era sbagliata, era di qualche anno fa e non di quella sera. Così sui social una precisa corrente del Pd, quella che poi è maggioritaria nel gruppo parlamentare, invece che fornire spiegazioni si attacca all’errore: a Repubblica siamo dei “cialtroni”, scrivono tutti – in maniera così coordinata che ti viene da dubitare della loro autonomia di pensiero.Da anni questo tipo di “sinistra” crea solchi – oggi voragini – col proprio mondo, con le persone che in teoria gli sarebbero vicine. Personaggi arroganti, sfrontati, senza alcun tipo di onestà intellettuale, faziosi al midollo, completamente autoreferenziali e miopi. Ogni volta che ti tocca averci a che fare, immediatamente ti torna in mente come siamo arrivati a questo punto. Ps. Repubblica si è pubblicamente scusata per la foto sbagliata. Non siamo perfetti, quasi mai, ma se necessario chiediamo scusa. Noi.
