MUORE DAVID ROSSI, MPS. UN ALTRO SUICIDIO ECCELLENTE DELLA FINANZA ITALIANA.

6 marzo 2013. Muore suicida David Rossi, responsabile delle comunicazioni della banca Monte dei Paschi di Siena: oggetto di perquisizione una decina di giorni fa, non era o indagato Muore gettandosi dalla finestra del suo ufficio in Rocca Salimbeni , palazzo storico di Siena e sede della Banca. Chissà. Spesso i suicidi di qualcuno sono la migliore cura per le ansie di altri. Il 18 giugno 1982 a Londra viene ritrovato sotto il ponte di Blackfriars Bridge (il Ponte dei Frati Neri) sul Tamigi il corpo esanime di Roberto Calvi, impiccato. Grande banchiere, persona piena di interessi: nel 1968 conosce Michele Sindona, ex commercialista specializzato in diritto tributario ed esperto nel far girare grosse quantità di capitali (di provenienza mafiosa, democristiana o della Banca del Vaticano, lo IOR) per acquisire grandi aziende industriali. Nel 1975 entra anche lui nella grande famiglia, venendo ammesso da Licio Gelli come membro della Loggia massonica Propaganda 2, più nota alle cronache col nome di Loggia P2. Grande amico degli amici, lo è soprattutto del famoso arcivescovo Paul Marcinkus, deus ex machina dello IOR, Istituto delle Opere Religiose, vera banca di affari del Vaticano. E’ un amico speciale visto che promuove la costituzione di fondi neri all’ estero per la banca del Vaticano acquistando una banca svizzera, la Banca del Gottardo, fondando una finanziaria in Lussemburgo, il Banco Ambrosiano Holding e pure una società off-shore, Cisalpine Overseas, nelle Bahamas e l’ acquisto del Nuovo Banco Ambrosiano. Ed è pure dispensatore di capitali (regolarmente non registrati in bilancio) alle associazioni anticomuniste dell’ Europa dell’ Est essendo tra l’ altro il benefattore occulto di Solidarnosc in Polonia, e pure in America Latina dove vengono tracciati finanziamenti destinati ai “Contras” filoamericani in Nicaragua. Ma purtroppo qualcosa si inceppa: nel 1978 gli ispettori della Banca di Italia rilevano grosse irregolarità in bilancio nel nuovo Banco Ambrosiano che vengono segnalate alla magistratura Primo tentativo di insabbiamento l’ omicidio del magistrato incaricato delle indagini il giudice Emilio Alessandrini, attribuito a terroristi appartenenti all’ estrema sinistra: attribuzione del tutto infondata, perchè la sedicente sinistra comunista era la prima interessata a scoprire la verità essendo stata la prima danneggiata da questo flusso di denaro e di tangenti provenienti dal Vaticano e dirette alla Democrazia Cristiana e ad altre strutture con finalità contrarie alle loro. Tenta un salvataggio recuperando i capitali per coprire ed occultare tali buchi in bilancio tramite finanziamenti provenienti da BNL e dall’ Eni; i finanziamenti dall’ Eni avvengono tramite l’ interessamento remunerato ( atti processuali) di Bettino Craxi e Claudio Martelli, con il beneplacito del Partito Socialista Italiano o almeno dei suoi vertici iscritti anche loro alla loggia massonica P2. Calvi tenta anche di trovare capitali presso la malavita, contattando il faccendiere Flavio Carboni, il cassiere e gestore dei capitali della famosa banda della Magliana. Poi, con le indagini che avanzano, fugge dall’ Italia e viene ritrovato suicida a Londra. Nel 1988 una causa civile vinta dalla sua famiglia stabilì la morte per omicidio di Roberto Calvi e un risarcimento assicurativo di tre milioni di dollari. Mors tua, tranquillità mia: con la morte di Roberto Calvi si sono perse le tracce più importanti di un ingente flusso di capitali che ha insanguinato, corrotto e distorto almeno un ventennio della politica italiana. Giunge il 1993, infuria la bufera di tangentopoli e uno dei pezzi forti delle indagini è lo scandalo Enimont, ovvero la tentata costituzione di un’ azienda mista pubblico/privato nelle quali vengono conferite le attività del settore chimico del gruppo Eni unitamente alla Montedison, società privata appartenente al gruppo Ferruzzi capeggiato dal finanziere Raoul Gardini. Tre morti per suicidio, tre morti eccellenti, tre morti che hanno giovato alla politica impedendo di rintracciare il flusso di capitale della più grossa tangente della storia della politica italiana, una tangente che ha arricchito il Parlamento, almeno per coloro che prima votarono a favore della fusione (operazione societaria con molti lati oscuri) e poi per la liquidazione dell’ azienda, senza fare troppe domande e questioni. Prima il pesce piccolo: il 18 febbraio Sergio Castellari, prima direttore generale degli affari economici del Ministero delle Partecipazioni Statali, poi consulente Eni , coinvolto a vario titolo in Sapri Broker, Efi ed Enichem viene chiamato a deporre presso i giudici di Milano per le indagini per la maxi tangente del caso Enimont. Viene ritrovato il 25 febbraio, una settimana dopo la scomparsa: viso e cranio gravemente danneggiati, falangi mutilate (mangiate da animali selvaggi o tolte per evitare riscontri sulle impronte digitali?), scarpe pulite (malgrado avesse dovuto percorrere 200 metri in un campo fangoso per raggiungere il punto in cui si sarebbe suicidato dopo una settimana di pioggia) e infilata nella cintura dei pantaloni una pistola calibro 9mm, col meccanismo di sparo rialzato. Da un esame della salma, il cadavere risulta più basso di 10 centimetri di quanto risulterebbe, e in una datazione operata dai medici legali, 10 anni più giovane dell’ età del presunto morto. Una persona cammina 200 metri in mezzo a un campo di fango dopo una settimana di pioggia ma senza sporcarsi le scarpe, si suicida senza far ritrovare il bossolo del proiettile e da morto (o moribondo) si infila la pistola nella cintura dei pantaloni, si accorcia di 10 centimetri e si ringiovanisce di 10 anni ma facendosi ritrovare col volto sfigurato e privo di possibilità di confronti di impronte digitali. Dichiara di suicidarsi, in una lettera recapitata alla famiglia il 18 febbraio 1993 ma viene ritrovato il 25, dopo una settimana di pioggia, asciutto, con la camicia pulita mentre in un suicidio con arma da fuoco avrebbe dovuto riportare schizzi di sangue e in perfetto stato, senza segni di decomposizione che possano fare pensare all’ abbandono all’ aperto del cadavere per una settimana. Ma è suicidio, va bene così, anche se il riconoscimento ufficiale della salma non viene mai fatto con certezza. Il 13 agosto del 1994 viene ordinata la riesumazione della salma per ulteriori accertamenti; il 22 agosto viene trafugato da ignoti il computer del reparto di medicina legale dell’ Ospedale Gemelli dove erano contenuti tutti i dati e i riscontri della nuova autopsia, rendendo inutile e impossibile ogni ulteriore accertamento. E così colpo di spugna su un giro di tangenti Efim per vendite di elicotteri militari al Belgio e di armi all’ Iraq e adaltri paesi mediorientali, accertate dai giudici ma che non furono mai pienamente chiarite a causa della morte del protagonista, almeno nella parte della gestione dei flussi finanziari. Il 20 luglio 1993 muore suicida in carcere, soffocandosi con un sacchetto di plastica Gabriele Cagliari, suicidio annunciato con una lettera ai famigliari di ben due settimane prima. Muore il regista dell’ operazione Enimont, presidente dell’ Eni e persona incaricata dal Ministero delle Partecipazioni Statali a trattare con Raoul Gardini e Montedison la fusione delle due aziende. Muore una delle poche persone a totale conoscenza dell’ affare Enimont, della maxi tangente pagata ai partiti politici per avere il benestare all’ operazione, dei singoli politici interessati e beneficiati economicamente e la cui morte non farà deporre in tribunale. Sulla maxitangente Enimont, ma anche su altre tangenti (di importo inferiore) riscontrate dai giudici nella gestione del gruppo Eni durante la sua presidenza. Tre giorni dopo muore suicida anche l’ ultimo grande protagonista dello scandalo Enimont, il finanziere Raoul Gardini, amministratore delegato del Gruppo Ferruzzi padrone di Montedison, l’ altra società conferita in Enimont. Muore suicida il 23 luglio nel suo appartamento-palazzo di Milano uno dei grandi finanzieri – fai da te della storia italiana. Figlio di un imprenditore agricolo e genero di un altro grande imprenditore agricolo (Serafino Ferruzzi), grazie ad operazioni finanziarie di grossa entità (e spesso non troppo chiare nei flussi di capitale) trasforma l’ impresa di famiglia in una multinazionale della produzione di cereali (con ingenti latifondi in sud America), zucchero (diventando padrone di Eridania, produttore leader in Italia) e chimico, prima per la produzione di etanolo prodotto da vegetali utilizzato come antidetonante per la benzina o come carburante in Brasile e poi sulla chimica generale, tramite l’ acquisto di Montedison prima controllata nel capitale da Mediobanca di Enrico Cuccia. Montedison che tenterà di portare in dote nel matrimonio Enimont dove per coprire bilanci gonfiati ad arte per aumentarne il valore (e conseguentemente il prezzo di cessione allo Stato per la fusione) dovrà pagare alla politica parlamentare italiana (almeno quella necessaria per far autorizzare il tutto) quella che è stata definita “la madre di tutte le tangenti”, la più grande della storia della finanza italiana. Perchè suicidarsi? Tutti e quattro avrebbero potuto fuggire all’ estero, visto che capitali e fondi neri sono stati costituiti anche da persone meno influenti e meno astute di loro. Avrebbero potuto testimoniare in tribunale patteggiando trattamenti di favore o un indulto in cambio dei nomi e delle cifre delle tangenti, cosa che nel caso di Roberto Calvi avrebbe distrutto la finanza vaticana e la Democrazia Cristiana mentre nel caso dei tre dirigenti coinvolti nel caso Enimont tutta la politica della prima repubblica. Ma una morte per suicidio può essere un lieto fine per molti: nel caso di Roberto Calvi furono sì rintracciati i flussi di capitali, ma non furono mai pienamente accertati (per poterli mandare sotto processo) i beneficiari e i burattinai protagonisti della vicenda mentre per Enimont non furono mai accertati in maniera chiara ed univoca tutti i percettori delle tangenti, per nome , cognome ed importo incassato. Con tangentopoli e il caso Enimont cadde la prima repubblica almeno formalmente: pochi politici realmente inquisiti, molti meno quelli finiti sotto processo e quasi nessuno in carcere (per insufficienza di prove, per arresti domiciliari per motivi di salute o altri cavilli legali), ma con molta gente che cambiando il nome al partito e riciclandosi, con i soldi della tangente Enimont si ripagò il rientro in politica. Un suicidio, certi suicidi: un lutto, un dispiacere incolmabile per le famiglie. Ma anche una grande serenità per altre persone, quelle con la coscienza sporca