LA POLIZIA GRECA E LE ALTRE.

Rimbalza, almeno sui blog alternativi una notizia:, che riporto esattamente come pubblicata da contro piano.org, blog che si professa comunista; “Un italiano residente ad Atene ha denunciato che sabato sera (9 marzo) cinque ragazzi tra i 16 e i 19 anni – tra cui alcuni suoi figli – sono stati fermati senza motivo da una pattuglia dei Delta che gli ha chiesto di identificarsi. Nonostante i ragazzi avessero con loro i documenti e fosse quindi possibile realizzare l’identificazione sul posto, gli agenti li hanno prima perquisiti e poi obbligati a seguirli in commissariato, e come se non bastasse li hanno ammanettati prima di farli salire a forza sul loro furgone. Venuti a conoscenza di quanto era accaduto, i genitori dei fermati si sono recati di corsa al quartier generale dell’Attica della Polizia, in viale Alexandra. Ma gli agenti si sono rifiutati di fornire informazioni sulle accuse nei confronti dei fermati e sulle loro condizioni, scatenando la rabbia dei genitori. Uno dei quali è stato spintonato e preso a pugni da un membro della squadra Delta che aveva realizzato il fermo, che lo ha anche minacciato di denuncia per diffamazione se avesse continuato a lamentarsi. I ragazzi, dopo un lungo tira e molla e dopo numerose angherie nei loro confronti sono stati rilasciati alle 6,30 del mattino successivo, dopo quasi 8 ore di detenzione arbitraria e ingiustificata. I ragazzi hanno riferito che i poliziotti avevano proibito loro di parlare in italiano.” Cosa c’ è di glamour? Anche in Italia, in caso di fermi collettivi, gli arrestati vengono invitati a non parlare in lingua straniera, è una prassi tipica della polizia; e anche i civilissimi bobbies inglesi e i poliziotti tedeschi (quelli francesi sono i meno affabili di tutti, forse) hanno poco piacere che gli si risponda o tra arrestati si comunichi in maniera a loro comprensibile. Non critico la polizia di altri paesi stranieri. Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi, due persone che finite sotto arresto non sono arrivati a processo vivi, per cause ancora tutte da chiarire. E non sono state vittime della polizia greca. Quando si capita in mezzo a manifestazioni non autorizzate o situazioni di ordine pubblico di difficile gestione, i fermi preventivi sono di prassi anche in Italia; anche, normalmente nei normali sabati sera. Quando in certe manifestazioni risultano presenti i famosi black block, ovvero di gruppi privi di colore politico che si muovono provenendo anche da paesi esteri solo per andare a provocare alle manifestazioni creando pericolo e recando disturbo all’ ordine pubblico, un gruppo di stranieri tutti italiani e con un aspetto non propriamente turistico può avere dato nell’ occhio e insospettito la polizia.Questo succede anche in Italia. Ed è successo anche al G8 di Genova, quando normali studenti stranieri regolarmente presenti in Italia col progetto Erasmus sono stati fermati dalla polizia con la presunzione che fossero manifestanti stranieri. Chi in Italia ha vissuto gli anni di piombo, quelli dal 1975 al 1990 si ricorda ancora le prassi della polizia quegli anni. Era prassi dei reparti di polizia “politica” (in quegli anni la neo costituita DIGOS) fare il giro serale dei centri giovanili e/o sociali (non solo quelli occupati arbitrariamente ma anche quelli “onesti”, nei locali assegnati dal Comune con decreto della giunta municipale) e, dove casualmente venivano trovati molti giovani o che si stavano divertendo, era abitudine sceglierne uno a caso, magari quello che sembrava più “visibile”: lo si portava fuori (se c’ era un cortile chiuso bene, se no bastava un corridoio spazioso ma mai per strada per non essere visti dai passanti) e lo si picchiava davanti agli altri, così, a scopo educativo. Successe anche a un ragazzo che, colpevole di indossare una maglietta rossa con la falce e il martello stava suonando il basso nella sala prove di un vecchio, famoso e tranquillo centro giovanile bolognese (era tenuto in due sale di un circolo anziani dell’ ARCI); in tasca aveva un pacchetto di Chesterfield, un accendino, le chiavi di casa e il portafoglio, l’ unica colpa quella di essere andato a suonare e provare in uno dei pochi posti a Bologna che mettessero a disposizione una sala prove gratis. Malgrado le mie note simpatie di sinistra, io sono sempre restio nel creare troppo facilmente dei martiri. Nel 1977 lo studente venticinquenne Francesco Lorusso resta ucciso dallo sparo di un carabiniere a Bologna; durante le manifestazioni un’ autocolonna del servizio d’ ordine dei carabinieri che stava transitando in Via Irnerio viene a contatto con gli studenti rivoltosi. Cominciano a volare sassi in direzione degli automezzi dei carabinieri e l’ autista di uno di questi autocarri, il carabiniere di leva Massimo Tramontani scende dal mezzo e inizia a sparare: 12 colpi col suo fucile di ordinanza, dice a scopo intimidatorio. Uno studente che abitava in zona ha, come unica colpa, quella di essere sulla linea di tiro del carabiniere. Dai successivi sopralluoghi non vengono ritrovati indizi che facessero pensare che Francesco Lorusso fosse un rivoltoso, non aveva uno zaino pieno di bulloni, sampietrini e bottiglie molotov. Non viene rinvenuto il proiettile che lo ha ucciso, perche entrato dalla parte del torace e uscito dalla schiena (malgrado ci si trovasse in una stretta strada del centro totalmente priva di spazi aperti e in cui è lecito immaginare il proiettile incastrato in qualche muro circostante).Niente proiettile, niente riconoscimento balistico dell’ arma che ha sparato e, in forza dell’ allora vigente “legge Reale” (la legge 152 del 22/5/1975) che prevede che l’ utilizzo delle armi da fuoco da parte delle forze di pubblica sicurezza è sempre legittimo nei servizi di ordine pubblico, e così l’ agente Tramontani viene prosciolto da ogni accusa. A quel tempo non avevo ancora compiuto 10 anni, le manifestazioni si erano tenute a poche centinaia di metri a casa mia (i miei genitori dicono che si sentivano i rumori delle cariche) e vivendo in un quartiere attiguo alla zona universitaria (e di conseguenza molto abitato da studenti), erano in molti quelli che salutavano un affabile bimbo piccolo quando era a spasso con la nonna. Anche se, come intitola un recente film “All cops are bastards” (dicevano gli inglesi), sono molto restio ad esaltare martiri: per esempio e a differenza di Francesco (Lorusso) non ritengo un martire chi stava tentando di fracassare un Land Rover dei Carabinieri con un estintore in mano in mezzo a una calca che tentava di farlo cappottare, probabilmente per tentare di aggredire chi c’ era seduto dentro. E bisogna sempre diffidare dei proclami dei genitori (soprattutto quelli dei tempi moderni) troppo parziali nei giudizi nei confronti dei figli: come quelli che, a Torino, sono insorti contro il preside che aveva sospeso i loro figli da scuola dopo che gli stessi avevano commesso atti di bullismo contro un loro compagno di classe disabile, filmando il tutto con il telefonino. O come quelli indignati per le sentenze di colpevolezza contro i figli che gettavano sassi dai cavalcavia dell’ autostrada. Genitori che, forse, in situazioni di ordine pubblico pericoloso, farebbero bene a non fare uscire di casa i propri figli, per la maggior parte minorenni: la mia mamma avrà vissuto e subito le manifestazioni studentesche del 1977, ma mi ha insegnato che “quando tira aria brusca” (in bolognese vuol dire”quando fuori c’ è tafferuglio”) è meglio stare in casa. Anche con gli amici, guardando un film, ascoltando musica o giocando a Risiko, perché sarà vero che in certe situazioni volano manganellate, ma anche sassi, sampietrini e bulloni. Non sto nemmeno a fare il censore del comportamento della polizia greca perché. fino a che non ci scappa il morto sono meglio della nostra. Quello che ha combinato la polizia durante il G8, alla scuola Diaz prima e al commissariato del Bolzaneto poi non l’ hanno combinato da nessuna parte e per i meno informati consiglio la visione di “Diaz – non lavate questo sangue” film duro e veritiero visto che non ha ricevuto querele per diffamazione. E si è voluto barattare un Carlo Giuliani come martire (con proscioglimento dell’ agente che gli aveva sparato, l ‘ agente Mario Placanica) in cambio di un colpo di spugna su quanto successo alla Diaz. Dove sono stati pestati studenti stranieri innocenti, giornalisti e anche anziani che facevano parte del corteo del sindacato pensionati SPI-CGIL; e dove sono stati prosciolti praticamente tutti, sostenendo che il legislatore italiano, forse troppo fiducioso nei confronti della democrazia, aveva omesso di disciplinare il reato di tortura. Parlare di notizie con toni enfatici e senza verificare bene il contesto in cui sono maturate spesso è rendere poca giustizia all’ informazione.E alle vittime vere di certi episodi.