AL CAYO BLANCO DI CHIOGGIA I NERI NON SONO GRADITI, MA IL GESTORE CORRE AL RIPARO “UNA DECISIONE DELLA SECURITY”

AL CAYO BLANCO DI CHIOGGIA I NERI NON SONO GRADITI, MA IL GESTORE CORRE AL RIPARO “UNA DECISIONE DELLA SECURITY”

Pietro Braga, ha 18 anni è rientrato da poco dall’America dove ha frequentato il penultimo anno di liceo, gioca a calcio ed ha militato anche nella Spal. Studente modello ed anche sportivo, ha però un difetto, un grave difetto, è nero. Un passo indietro. Pietro insieme con la sorellina Tina, è stato adottato da Claudia Luigia Narsi e suo marito. Una scelta voluta e condivisa, non priva di difficoltà e che dopo 4 lunghi anni di iter burocratici ha visto la sua realizzazione. Così nella loro casa e nella città di Adria in provincia di Rovigo arrivano Ashenafi e Netsane, due fratellini dai nomi difficili che guardano al futuro con emozione e chissà anche tanta paura. I loro nomi lì lasciano lì in Etiopia ed una nuova vita ha inizio. Mamma e papà Borgia li seguono con attenzione ed amore, aiutati da tutti i concittadini, che accolgono i bambini con affetto e simpatia. Qualche piccolo episodio di discriminazione viene arginato ed ai ragazzi viene sollecitata una sana ironia ed una intelligente valutazione dei singoli eventi, ma anche la pazienza ha un limite e qualche giorno fa si è arrivati veramente al colmo. Pietro decide di andare a Chioggia con tre amici, fa caldo ed un aperitivo in spiaggia sembra essere un ottima soluzione per rinfrescarsi e trascorrere qualche ora in allegria. Mamma Luigia è a casa con il marito quando una telefonata interrompe la loro cena. Pietro ha bisogno del suo aiuto, non lo fanno entrare nel locale, perché è nero. Luigia non ci pensa su un attimo, in questi anni Pietro ha sempre trovato il modo di cavarsela, di riderci sopra davanti a “soprannomi” non sempre carini, ha tentato di far scivolare sorrisetti e stupide battute ma, questa volta l’umiliazione lo ha ferito troppo, ha bisogno di essere protetto, rassicurato. Si precipita al Cayo blanco ma non c’è nulla da fare, “Oggi non facciamo entrare persone di colore”, questa frase inaccettabile viene ancora ripetuta. Non ci sono alternative se non che denunciare l’accaduto ed è quello che fanno la mattina seguente, con il loro legale, Barnaba Busatto. Viene aperta un’indagine e si scoprono altri fatti inquietanti. Un 43enne settimane fa era stato spintonato fuori dal locale e poi colpito con calci e pugni a seguito dei quali riportava la frattura del perone e della mascella, sorte simile per un altro cliente che scacciato via in malo modo subiva la frattura del naso. Il locale su decisione del questore di Venezia, Maurizio Masciopinto rimarrà chiuso per due settimane, mentre i buttafuori sono segnalati in procura. Si resta in attesa di ulteriori provvedimenti, nella consapevolezza che qualunque “punizione” non potrà mai rimarginare l’umiliazione subita da Pietro, perché le ferite dell’anima fanno ancora più male. La mamma di Pietro e Tina adesso è davvero preoccupata: “Temo per i miei figli costretti a vivere in un paese incattivito”. Ha ragione, non riconosco nemmeno io più questo paese che dimostra meschinità ed odio, egoismo e gratuita cattiveria. Fino a quando come pecore seguiremo gli slogan di uomini arroganti e vuoti, privi di anima e sentimenti, che attraverso questa guerra stanno costruendo la loro forza, non abbiamo speranze, non abbiamo futuro. Resteranno solo macerie, cuori feriti, rancori e gelosie. Resteremo soli, schiacciati dal nostro stesso egoismo, dalla nostra stupidità. Abbiamo chiuso i porti, l’anima il cuore dimenticando quella “Mano sempre tesa verso l’altro” di cui parla Papa Francesco e che credo un giorno potrebbe alzare anche noi, ma solo se impariamo a stringerla forte e a crederci fino in fondo.