MIO PADRE ESPULSO DA SCUOLA, IL GIORNO DELLE LEGGI RAZZIALI, 81 ANNI FA
Papà aveva 17 anni, il 3 settembre del 1938, esattamente 81 anni fa ad oggi. Quel giorno il preside dell’istituto per ragionieri, che papà frequentava, gli disse di prepararsi la cartella e che poteva tornare a casa, ad anno appena iniziato. Un altro giorno per lui, lì in quell’aula, non ci sarebbe stato mai più. Così, il babbo tornò a casa. Lasciò in pochi minuti compagni, amici, professori. Nel tempo, anche molti anni dopo la fine della dittatura, ho provato a chiedergli come andò quel giorno. Che cosa dissero a casa, se avevano paura, se sentivano la fine vicina. O semplicemente: che cosa facciamo adesso? Papà però non mi ha mai dato risposte, non aveva cancellato l’umiliazione di quella mattina, ma ho sempre capito che non voleva tornare a quelle ore terribili e ingiuste. Era un ragazzo, ma cresciuto in fretta. Più di 40 anni dopo i suoi vecchi compagni gli mandarono un invito: “Ci troviamo tutti al caffè per un brindisi. Sei formalmente invitato”. Papà ci pensò a lungo: non vado perché nessuno di loro quel giorno disse una parola in mia difesa. Poi ci ripensò e ci ripensò ancora e la mattina di quell’appuntamento indossò camicia bianca, giacca e cravatta: vado, voglio vederli. Come andò esattamente non lo so. Ci tornò qualche altra volta e poi declinò gli altri inviti, fino a quando nessuno lo cercò più. Però mi disse questo: in fondo non erano niente per me, nè allora, nè oggi.
