RACCONTINO DELLA SERA/8. IO SONO LI

RACCONTINO DELLA SERA/8. IO SONO LI

Non c’è più niente che mi leghi alla vita, c’è un’assenza in forma di persona. Eppure ho provato a vivere, ho fatto di tutto per vivere, per creare, per comunicare, per costruire, per gioire, per amare. O provato a suonare, ho provato ad amare. E adesso non ce la faccio più, ho provato a correre con tutto il fiato che avevo, ma tutti mi hanno superato, e mi ritrovo ultimo, gli altri concorrenti chissà dove sono, io sono in questa domenica pomeriggio, davanti a questa laguna desolata, senza onde, con un mare piatto come un lago, con nel mezzo una capanna di legno. Una laguna grande come uno specchio. Leggo che nel punto più stretto questa isola dove sono è larga 23 metri. Ventitré. Un niente. Chi vive qui è schiacciato fra la laguna e il mare. Cammino davanti alla laguna, e guardo le palafitte. Sembrano uccelli posati sull’acqua, con le loro esili zampette di legno. Uccelli preistorici, uccelli vinti. Sembrano zattere sfasciate, scampate a un naufragio. Ma chi ci sarà lì dentro? Mi ricordo un film in cui c’era Rade Serbedzja, quell’attore serbo bravo che aveva recitato anche con Kubrick, e che stava in una palafitta. “Io sono Li”, si chiama quel film. Uno dei più bei film che ho visto negli ultimi dieci anni. Devono averlo girato da queste parti, forse a Chioggia, che è ancora più giù, un po’ più a sud, in questo pezzo di Adriatico piatto come un pavimento lavato con la candeggina. Un gabbiano, ritto su un palo di legno, sorveglia il nulla. Continuo a camminare. In questo mondo lineare. Un piccolo marciapiede, a sinistra la laguna, e a destra solo lo spazio per una casa, poi la strada, poi il mare aperto. Un paese che è come un binario di ferrovia sospeso sull’acqua. Un paese millepiedi, un paese sul quale cammino come Lalinea di Lagostina, quel Carosello che vedevo quando ero bambino. È quasi sera. Le nuvole scintillano sul mare. E mentre il sole va giù, torna qualche goccia di pioggia. Sempre più forte. Acqua che pulisce questo pomeriggio che nessuno conosce, che non posso raccontare a nessuno. Il gabbiano, sentinella del nulla, è ancora lì. Io vado ad aspettare l’autobus, che arriva già con i fari accesi.