PICCOLA STORIA DI ORDINARIA SAGGEZZA
Stavo mangiando i fagioli zolfini stasera. Per chi non li conosce dico che i fagioli zolfini sono l’eccellenza fra i fagioli, sono fagioli elevati all’ennesima potenza, sono un dono di Dio. E quei fagioli sono stati coltivati direttamente da me, quasi miei figli. Ho sentito un osso in bocca, ma i fagioli zolfini non hanno lo scheletro. I fagioli zolfini non sono vertebrati. Ho pensato ad un sassolino che si fosse introdotto fra quelle pietre preziose dai riflessi giallini di sole, non bianchi come i cannellini o i cocchi. Poi ho ricordato la cura con cui li pulisco prima di metterli nei sacchetti, no, non poteva essere un sassolino.Era un dente, forse ormai fradicio che si era staccato dalla mia gengiva. Con la lingua mi sono accorto che era il dente-pilone che reggeva il ponte, il dente a cui era attaccato lo strallo della mia protesi. Sentivo in effetti che in bocca, ora tutto traballava. Ma avevo ancora gli zolfini sul piatto. Ho preso una forchetta, una forchetta robusta. I suoi rebbi premuti sugli zolfini hanno fatto una poltiglia. Un specie di gustoso omogenizzato da lattanti. Ho finito in qualche modo di mangiare i miei fagioli. Domani penserò al buco nero che mi si è aperto in bocca.
