UN GIORNO IN VALNERINA

UN GIORNO IN VALNERINA

La Valnerina è uno dei luoghi dove il reciproco scambio tra l’uomo e la natura è costante e ha modellato e modella sia l’uno che l’altra. Lo ha fatto nel bene seminando nel bellissimo paesaggio chiese, abbazie, paesi, storie e credenze; lo ha fatto e lo fa nel male quando la natura decide di ricordare agli abitanti che la loro è terra di terremoti, com’è successo con l’ultimo particolarmente violento che ha lasciato nel patrimonio storico artistico e tra le donne e gli uomini di quella terra ferite dolorosissime. Siamo tornati dopo mesi in Valnerina alla quale siamo molto legati. Perché uno di noi aveva scelto Castelluccio come luogo dell’anima, un altro ancora per le innumerevoli camminate fatte con gli amici attraverso i suoi monti. Non era la prima volta dopo il recente sisma, ma l’impatto è stato ancora più deprimente perché alla conferma dell’enorme danno che hanno subito il patrimonio artistico e il tessuto abitativo unici nel loro genere, s’è aggiunta la solitudine che si legge nei volti degli abitanti. Reale o percepita che sia, sta di fatto che si sentono veramente lasciati soli. Ed effettivamente la sensazione che si ha è che lì succeda poco o niente. Era un giorno feriale ma non si avvertivano il rumore e le voci dell’operosità: niente gru, niente mezzi impegnati nella rimozione delle macerie, nessuna squadra di muratori al lavoro. Nota positiva il Deltaplano di Castelluccio. Sfuggito alla furia iconoclasta di non sappiamo chi e collocato in una cava abbandonata è funzionante, da senso all’attività lavorativa di alcuni commercianti, sta diventando punto d’incontro dei castellucciani. Di fronte a questo è stato sconcertante vedere chiusa la struttura rimovibile e polivalente disegnata da Renzo Piano per Norcia. Ascoltare il racconto desolante di un abitante di Ancarano “eravamo un paese vivo con una ventina di bambini… abbiamo avuto da una persona generosa una cifra molto consistente con la quale abbiamo iniziato a costruire una struttura rimovibile per la nostra comunità… pensata per essere divisibile in modo tale che potessero usarla d’estate per le ferie gli abitanti lontani per non fargli perdere le radici… è stata bloccata”. E mentre ascoltavamo dietro di noi la Chiesa della Madonna Bianca di Ancarano era lì terribilmente lesionata, tenuta in piedi da tralicci che si stanno arrugginendo, avendo vicino quell’innocua struttura lignea rimasta a metà e un paese spopolato, con la natura circostante che osserva quanto succede alla vita degli uomini seguendo separata da essi i ritmi immutabili della sua vita.