DISPUTA IN FAMIGLIA: DE BENEDETTI LANCIA OFFERTA PER IL GRUPPO ESPRESSO
Secondo Carlo De Benedetti doveva essere il migliore tavolo in cui giocare le proprie carte, in famiglia, appunto, ma allorché si tratta d’interessi, non di rado la sfera affettiva è il ‘luogo’ meno indicato al quale rivolgersi per una proposta che mette sul campo giocoforza una trattativa. E infatti l’offerta lanciata attraverso la SpA Romed (sua controllata al 99%), per l’acquisizione del 29,9% di GEDI Spa – gruppo editoriale del quale fa parte l’Espresso – è stata rifiutata con sdegno dai figli di De Benedetti, che l’hanno semplicemente bollata con l’aggettivo ‘irricevibile’. Il figlio maggiore di Carlo, Rodolfo, ha addirittura dichiarato di ‘ritenersi sconcertato, anche perché non c’è stato un sollecito né un accordo preventivo’. Eppure De Benedetti ha proposto il prezzo di chiusura delle azioni di giovedì scorso (0,25 euro), ma la Cir (la holding di famiglia gestita dai tre figli dell’ingegnere), ha rifiutato l’offerta ritenendo che il valore vada ben oltre, e non intende pertanto fare concessioni confondendo le relazioni parentali con gli interessi. De Benedetti ha certo in mente piani ben precisi di rilancio per il Gruppo Espresso, e potrebbe anche trattarsi in ultima analisi di un ‘nostalgico’ senso di appartenenza, dato che le quote della holding sono passate ai figli una decina d’anni fa. L’ingegnere sembrava ormai rassegnato a stare dietro le quinte da circa tre anni, ma evidentemente l’inerzia non fa per lui, la poltrona di spettatore è diventata scomoda e a tutti gli effetti intende riaprire il sipario, e non come comparsa. La storia di famiglia del resto lo ha visto nel ruolo d’imprenditore protagonista con le società che ha egregiamente gestito. Carlo ha sempre avuto lo sguardo acuto per gli affari, e basterebbe citare Olivetti per una conferma delle sue eccellenti prerogative in ambito imprenditoriale: risuscitò questa storica industria come un Lazzaro, e mentre era in perdita di 70 miliardi, l’ingegnere ribaltò il suo destino e in pochi anni la trascino al top della scena internazionale sfruttando il progresso informatico, e i prodotti a marchio Olivetti diventarono una garanzia di qualità nel mercato. Tanti i riconoscimenti ricevuti nel corso della sua attività di dirigente d’azienda, da Commendatore della Légion d’Honneur, a Cavaliere del Lavoro, oltre ai riconoscimenti in ambito accademico, come la Laurea honoris Causa attribuitagli da una Università americana. In giovane età fu eletto anche presidente degli Industriali del Piemonte. Insomma un ‘curriculum’ di primo piano nella storia dell’industria italiana, a lungo in sintonia con Gianni Agnelli, tra loro ci fu sempre reciproca stima e collaborazione, tanto che la Fiat lo volle nel ruolo di Amministratore Delegato alla fine degli anni ’70, ma la carica, a causa di qualche attrito, fu comunque abbandonata nel volgere di un breve periodo. E’ dagli anni ’80 che l’ingegnere rivolge le sue attenzioni d’imprenditore all’editoria, tramite la Cir (Compagnie Industriali Riunite), acquisì una quota rilevante della Arnoldo Mondadori Editore, e per suo tramite nel Gruppo Espresso – Repubblica. Poi è noto, allorché entrò in campo Berlusconi, che quest’ultimo intendeva scavalcare De Benedetti tramite la famiglia Formenton (erede delle quote Mondadori). Il confronto e le ambizioni si misurarono a suon di sentenze in tribunale: si trattava della cosiddetta ‘guerra di Segrate’. La Fininvest come un mastino impugnò il primo giudizio formulato da tre Arbitri nominati per dirimere la controversia. Dunque il ‘Lodo Mondadori’ si risolse con una sentenza a favore di Fininvest e la Cir perse l’ultima battaglia per il controllo dell’importante gruppo editoriale. Se oggi l’ingegnere intende riprendersi la sua autorità sul gruppo editoriale che comprende il settimanale l’Espresso, La Stampa, una serie di giornali locali, Il Secolo XIX, ma soprattutto Repubblica, significa che ha le idee chiare sugli interventi e il modo in cui intende operare. De Benedetti ‘padre’ è tutt’altro che un grullo, se alla sua età ha deciso di rientrare in campo, significa che la gestione dei figli presenta lacune che proprio non gli piacciono. Lui è davvero un grande imprenditore con l’occhio clinico per gli affari.. Ma non si è certo esposto sulle reali ragioni con la stampa. Dalla sua ha un bagaglio d’esperienze che sono una garanzia, e anche nei confronti dei figli potrebbe permettersi di stare in cattedra. Ma tant’è: in famiglia talvolta il dialogo diventa aspro allorché si tratta appunto di valori e misure che devono rientrare in un certo ordine. Secondo il primogenito, il padre nell’offerta su Gedi è come se fosse entrato in campo a gamba tesa, senza accordi preliminari, con un’autorità paterna che nell’ambito della gestione degli interessi non viene riconosciuta. Insomma le acque si sono agitate, e i figli non hanno nascosto lo sdegno per l’iniquità della proposta. De Benedetti padre aveva fatto sapere, tramite Ansa, che “la sua proposta mirava a rilanciare il Gruppo, al quale è legato da un lungo periodo della sua vita, e nel quale, per dieci anni, ha ricoperto il ruolo di Presidente, intraprendendo iniziative volte a metterne in rilievo le straordinarie potenzialità.” Tra i figli Rodolfo sembra però il più indignato (gli altri due sono Marco ed Edoardo), tanto che ha dichiarato di “essere amareggiato dall’iniziativa del padre, per l’offerta ‘iniqua’, mirata a creare inutili distrazioni, che non servono a nessuno”. Insomma i figli non si sono commossi dal tono nostalgico del padre, quello che conta in definitiva, inutile ripeterlo, sono le cifre che si propongono, non i propositi. Intanto il comitato di redazione di Repubblica si è riunito per discutere e soprattutto salvaguardare il prestigio del quotidiano, da sempre protagonista nello scenario dell’informazione. Lo sdegno e il rifiuto dei fratelli De Benedetti deriva dal fatto che con l’esigua somma di 40 milioni il ‘Pater familias’ mira a riprendersi i timone dell’azienda, espediente che le regole di mercato potrebbero consentirgli, ma alle quali i figli non sottostanno; disposti a stare in trincea pur di non fare la minima concessione. Carlo De Benedetti di battaglie ne ha affrontate tante, si è misurato con la Fiat, con Fininvest: non tutte le ha vinte, si vedrà fin dove intende spingersi in questa disputa tutta a marchio ‘De Benedetti’, e se alla fine la questione affettiva avrà la meglio sugli interessi di parte.
