GLI EROI DEL SELVAGGIO WEB

Il selvaggio west, terra di nessuno, dove ognuno poteva essere ciò che voleva. Terra di pionieri e minatori, vaccari e pistoleri, bordelli e sputacchiere. Un posto dove ricostruirsi una identità, oppure dove inventarsi nuove professioni, nuovi mestieri, e solo i più abili o i più cattivi riuscivano nell’impresa. Un posto senza regole. A parte le sputacchiere sembra di leggere una descrizione del mondo social, del far web. In quale altro contesto persone senza arte ne parte potrebbero divenire influencer di moda? Che già il termine non si è capito chi lo abbia tirato fuori. Ma influencers a parte, con tutti i loro accoliti, quanti di noi si sono imbattuti in profili falsi, nuove identità create appositamente per cavalcare nelle sconfinate praterie della rete. Anonimi impiegati a capo chino che scatenano le loro torride fantasie attraverso avatar selvaggi. Incalliti seduttori da tastiera che in realtà hanno imparato a memoria tutte le battute di Rocco Siffredi e si sono immedesimati in 50 sfumature di grigio (quale ruolo non è dato saperlo). Improvvisati filosofi new age che nella vita sono conformisti dogmatici contrari ad ogni vento di cambiamento. Profili senza foto oppure con foto false, e frasi rubacchiate qui e la, senza citare la fonte, per cucirsi addosso un’aura di intellettualità che scompare alla prima acca mancante del verbo avere. Leoni che ruggiscono ed invitano alla rivoluzione, al fuoco e fiamme, alla lotta dissidente, ma che non alzano mai il sedere dalla sedia se non per andarsi a prendere da mangiare, e conoscono Che Guevara solo perché a forza di vederne la foto su qualche profilo si sono chiesti chi era quel tizio. Eh, il selvaggio web, con tanto di cercatori d’oro, ma le pepite sono i soldi di qualche persona truffata, per amore o per dolore, e purtroppo non si può affiggere il manifesto “wanted” perché sono state utilizzate le foto di persone ignare. I bandidos che arrivano sparando e violentando sono i bulli, quelli che ostracizzano e bersagliano le loro vittime, portandole ad avere paura, a chiudersi, ad autoescludersi sia dal mondo civile e reale che da quello incivile ed irreale. I fustigatori con la bibbia in mano che andavano di paesino in paesino per fare sermoni alla popolazione sono stati sostituiti dai censori, con le tavole della legge aperte su una schermata diversa, pronti a redarguire i comportamenti sbagliati, che vedono il like nello schermo altrui non vedendo la faccina arrabbiata sul loro profilo. Il far web, dove nascono amori impossibili che si concludono con cavalcate al tramonto, ossia che terminano con video chiamate Skype dove ci si giura amore eterno anche se uno abita a Milano e l’altra a Palermo. E poi, come in ogni paese di frontiera, ci sono gli sceriffi, quelli che segnalano i comportamenti scorretti, che fanno chiudere o bloccare profili, che redarguiscono chi si esprime in modo che loro reputano non corretto, perché gli sceriffi non sempre imponevano la legge dell’uomo ma la propria. Ci sono innumerevoli generali Custer, che prima compiono atti orribili e poi cadono sotto il fuoco incrociato delle loro vittime, e ci sono i Davy Crocket, personaggi che si immolano per portare avanti le loro battaglie, per difendere la loro indipendenza. Manca il sudore, manca la fatica, anche se non è difficile immaginare quanto sfrozo possa celarsi dietro una critica, una battuta, una recensione. E quanti influencers troveremo davanti al bancone di un bar, ad ubriacarsi di video, pensando con tormento ai follower che hanno perso. Ma ci sarà sempre qualcuno che, in sella al suo cavallo bianco ci mostrerà il vero coraggio, l’eroismo, ci farà capire come non bisogna sempre chinare la testa davanti ai mancati apprezzamenti, continuando a postare imperterriti le proprie foto e mandando i buongiorno quotidiani, nonostante le mancate risposte. Il selvaggio web,  una storia ancora da raccontare.