MANETTE SI’, MANETTE NO
Non so se sia giusto definirlo un amico perché l’amicizia presuppone comunanza di idee e una simile visione del mondo e della vita, ma sicuramente è una persona gentile e verso la quale sono debitore di piccoli favori. Lo conosco da anni e con lui e la sua famiglia anni fa sono andato anche a Londra e Parigi, dove saldava i conti in albergo e al ristorante con biglietti da cinquecento euro. Era rigidamente berlusconiano, e quando nel 2008 il Cavalieretornò al potere, confessò: “Adesso mi sento di nuovo tranquillo”. Si riferiva alla possibilità di pagare ed essere pagato in nero, grazie al quale ha potuto acquistare appartamenti intestati a moglie e figli per non incorrere in tassazioni sulle case. Io non gli voglio assolutamente male, e sarei il primo a preoccuparmi se gli succedesse qualcosa. A suo modo è anche legalitario, e protesta spesso contro i mali di questo Paese, facendo di tutto per non violare i confini della legge. Sono anzi convinto che la sola idea, non del carcere, ma di rovinare la propria reputazione, lo indurrebbe ad essere un cittadino modello sotto ogni profilo. Magari mugugnerebbe contro quello che considera il proprio socio occulto, cioè lo Stato, ma si atterrebbe al nuovo costume generale. Tutto questo è noto a chiunque, politici in testa, tra i quali il più onesto è stato Calenda, dicendo: “Una volta c’era un patto non scritto: si prelevavano alla fonte le tasse dai lavoratori dipendenti perché erano garantiti, e si chiudeva un occhio sugli autonomi che rischiavano”. Adesso i licenziamenti sono all’ordine del giorno, e quel patto si è rotto, ma a pagare sono prevalentemente gli stessi. Il problema da risolvere è squisitamente aritmetico. Questa sì, in prima battuta, roba da Pagnoncelli e Ghisleri. Quanti sono ad avvantaggiarsi del “nero”? Maggioranza o minoranza?Ma poi, in seconda e ultima battuta, come accenno anche nel mio ultimo libro “Le frecce nere”, con il rischio di una vera e propria guerriglia nelle strade. Perché mancherebbero i mezzi finanziari per le minime necessità civili e sociali, e a quel punto non basterebbe più neppure una forte stretta alla corruzione e alle disfunzioni pubbliche, come pretendono, per giustificarsi, gli attuali evasori.
