IL CINEMA DEFINISCE UNA CULTURA: HA LE SUE CITTADELLE, LE SUE ROCCAFORTI, LE SUE CITTÀ SANTE
Il cinema ha le sue cittadelle, le sue roccaforti, le sue città sante. Ha le sue Gerusalemme, la sua Mecca, la sua Benares. Il cinema definisce una cultura. Sela cultura classica è stata definita dai miti greci, quella contemporanea è scolpita, film dopo film, narrazione dopo narrazione, dal cinema, e da quella sua estensione naturale che è la televisione. Ed è quindi logico, quasi naturale, che il cinema nel mondo abbia le sue cittadelle, i suoi Fort Alamo, i suoi luoghi sacri. A Hollywood arrivarono nel 1907, quelli che facevano i primi, rudimentali film americani: trovarono un posto dove c’era tanta luce e dove i terreni costavano poco, e cominciarono a girare i loro film lì. Dopo più di un secolo, è ancora ad Hollywood che hanno sede i grandi Studios americani, è lì che si organizzano le produzioni, che si celebra la religione laica del Cinema. I seguaci? Miliardi, su tutta la terra, che credono all’amore totale come in “Titanic” e al sogno americano di Rocky. Dall’altra parte dell’oceano, in India, a Mumbai, che una volta si chiamava Bombay, c’è un’altra città sacra del cinema: Bollywood. Lì girano i film musicali, sentimentali, colorati e danzanti del cinema hindi, una produzione sterminata, mille film all’anno. E attori come Amitabh Bachchan sono venerati come figure divine. No, non come “divi” nella accezione occidentale; proprio come divinità. Anche l’Italia creò, negli anni Trenta del Novecento, la sua “città santa” del cinema, Cinecittà. La volle fortemente Mussolini, che aveva capito l’immenso potenziale di propaganda, di costruzione di modelli culturali del cinema. Appena nata, Cinecittà sfornò decine di film, per poi diventare durante la guerra campo di concentramento dei nazisti, e dopo la liberazione di Roma rifugio degli sfollati. Poi Cinecittà vide arrivare, nel dopoguerra, i registi americani, “Vacanze romane”, “Cleopatra”, Cinecittà che diventa la Hollywood sul Tevere. Roma negli anni ’50 ruotava intorno al cinema, non c’era un ragazzo che non avesse provato a fare la comparsa a Cinecittà. Poi verranno Federico Fellini, e in tempi recenti la televisione, la casa del Grande fratello e di “Non è la Rai”. E non tutti sanno che in Marocco ci sono, a Ouarzazate, gli studi cinematografici più grandi del mondo. Mentre vicino a Londra i Pinewood Studios sono il regno di 007. Insomma. Ci sono tre o quattro città “sacre” per il cinema. Hollywood, Bollywood, Cinecittà. Quello che non sapevamo, è che fra le montagne dello Utah c’è anche la “Hollywood dei Mormoni”. Un centro di ripresa, produzione e montaggio di film e serie televisive realizzate da membri della Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni. In una parola: mormoni. È andata a scovarla il New York Times, in un lungo e dettagliato articolo. Nel quale si scopre come lì’ ci sia, in permanenza, una riproduzione della Gerusalemme di duemila anni fa, quella cioè di Gesù Cristo. Una ricostruzione sempre pronta, per ogni film che si voglia fare sul periodo. I mormoni sono circa 16 milioni nel mondo: sono i seguaci di una religione fondata in tempi relativamente recenti, nel 1830, da un uomo di nome Joseph Smith, che dice di riferire il pensiero di un certo Mormon, profeta che sarebbe vissuto in America nel quarto secolo dopo Cristo. Il “Libro di Mormon” è considerato un testo sacro, al pari della Bibbia. Non bevono alcol, e neppure tè o caffè; non fumano. E i mormoni hanno sempre avuto chiara l’importanza del cinema: il primo film legato alla chiesa mormone è del 1913, “One Hundred Years of Mormonism”. Dagli anni Cinquanta, la cittadina di Provo, nello Utah – lo Stato a grandissima maggioranza mormone negli Usa: ce ne sono sette milioni – è diventata la Hollywood dei Mormoni. Praticamente, siamo nel deserto, ci sono campi a perdita d’occhio. Lì ci sono i Motion Picture Studio South Campus, gli studi cinematografici mormoni. Lì si girano film e serie televisive o serie web, pensate per Youtube. Alcune opere finiscono su Netflix, altre su Living Scriptures, una specie di Netflix per i mormoni. Fra i programmi che si producono a Provo, c’è”Studio C”, che secondo il New York Times è un “Saturday Night Live per tutta la famiglia”. Ci sono poi brevi video didattici, con consigli di comportamento: che cosa fare se siette bullizzati, se cadete in una dipendenza, o se scoprite un coniuge a guardare porno? Vengono anche prodotti film fantasy, come “Dwight in Shining Armor”, “Dwight in un’armatura scintillante”, in cui un adolescente incontra una principessa guerriera rimasta addormentata mille anni… “E’ partito… motore… preghiamo!”. Negli studi di Provo, all’inizio di ogni giornata attori e troupe si raccolgono in preghiera. Quasi tutti, attori, registi, carpentieri, sceneggiatori, fanno parte della Chiesa dei Santi del settimo giorno. Ci sono, fra le maestranze, anche dei non mormoni, come Becky Swasey, che lavora al make up e alle acconciature, e che ha lavorato con Francis Ford Coppola: “Certo, devo stare attenta a non dire parolacce”, ha spiegato.
