GLI SCENARI IGNOTI APERTI CON LA MORTE DI SULAIMANI

GLI SCENARI IGNOTI APERTI CON LA MORTE DI SULAIMANI

Il capo delle Guardie della Rivoluzione iraniana (IRGC) è il generale Hossein Salami. Non Qassem Sulaimani, che invece dirigeva l’unità al Quds, una delle sue cinque sotto-sezioni. Addirittura mi pare di aver letto pure una Reuters con un errore del genere. La sua morte apre in ogni caso scenari ignoti, perché prima che un generale e un simbolo nazionale e regionale per decine di milioni di persone Sulaimani era un uomo dotato di vision strategica e un sottovalutato fiuto politico, capacità di capire i momenti, le contingenze, gli spazi di manovra. Era un razionale, un pragmatico ambizioso ma meno oltranzista e millenarista dell’opaco blocco politico a cui era vicino, di cui era parziale espressione. Ora la situazione può andare fuori controllo, e non tanto per la risposta iraniana, che potrebbe nn essere frontale, ma proprio per la imprevedibilità di quelle di milioni di persone – come chi ha assaltato ambasciata di Baghdad, e solo chi nn ha alcuna dimestichezza con l’Iran può pensare che l’assalto sia stato pianificato da Teheran e nn frutto di iniziative simili a quelle prese in passato dai rivoluzionari iraniani, in totale autonomia e per genuino disprezzo verso la condotta degli Usa: ci sono milioni di persone che come Sulaimani sono pronte, desiderose di farsi ammazzare, e sono disposte a farlo anche solo per lavare l’onta del suo assassinio, ovviamente – in tutto il Levante e Asia centrale, non limitandosi solo alle tante milizie regionali – o ai parenti del centinaio di miliziani che lo stesso Soleimani guidò nel 1987, prima che venissero uccisi dalle armi chimiche irachene che in Iran sono convinti fossero un regalo occidentale – ma arrivando alla gente comune che in Sulaimani vedeva un uomo che dormiva per terra e mangiava yogurt, ordinario, discreto ma dotato di un carisma silenzioso, di capacità quasi mistiche nella conduzione delle forze Al Quds all’interno di questa vasca di squali che è la regione. Oltre che, ovviamente, una inestinguibile disponibilità al martirio (altro che “si sentiva invincibile”, non è Hollywood). Un martirio che ha finito per incontrare, come si aspettava lui stesso, come si attendeva chiunque gli stesse intorno. E come si aspetta chi ne prenderà il posto, dopo aver passato anni a rispondere ai suoi ordini. Gli Stati uniti possono pensare, dichiarare, promuovere ciò che credono ma la realtà è che ricoprendo il ruolo dei “sicari” di Tel Aviv e Riad (unici beneficiari concreti di una cosa così) hanno appena ucciso un generale, un alto grado dei quadri militari di un paese sovrano, un negoziatore di precari equilibri tra Iran e gli stessi Usa in Iraq, per certi versi addirittura un garante, con un ruolo attualmente meno mitologico dell’aura che si portava appresso ma pur sempre un generale delle Irgc, più che “architetto” direi almeno capo cantiere delle ultime iniziative e risposte iraniane nei principali dossier regionali. Non c’è da stare affatto sereni