ANCORA SULL’UCCISIONE DI SOLEIMANI

ANCORA SULL’UCCISIONE DI SOLEIMANI

Il mio pensiero va ora alle migliaia di giovanissimi, poveri sventurati del Mississippi, dell’Alabama, del Michigan o anche della California. Neri, bianchi, latinos, asiatici, sottoproletariato urbano vario, ultimi e penultimi in un Paese di gare per la dignità, marginalità assortite, carne da macello del discount targato American dream, rifiuti del capitalismo a stelle e strisce già condannati ad essere tali e che domani, o dopodomani, al massimo tra due giorni, e chissà forse nei mesi e negli anni a venire, senza sapere nulla di chi fosse il generale Qassem Soleimani o del perché l’Iran sarebbe un problema per la loro misera vita, magari motivati da una immaginazione bellica genuinamente ottimista, attratti dalla possibilità di uno stipendio mai nemmeno sfiorato, verranno mandati a farsi ammazzare male in un posto di cui ignoravano l’esistenza, lontano 10mila km dai confini americani, probabilmente in molti ignorando persino il fatto che la generazione appena precedente alla loro, in Iraq, contro poche neonate milizie (molte delle quali oggi sono “adulte”) non coordinate, non aveva vissuto belle esperienze. Vettori verosimilmente creduli di un inutile, nocivo terrorismo di stato promosso dal loro presidente. Se fossi un elettore di Trump mi chiederei a questo punto se abbia davvero capito che alle prossime elezioni deve prendere i voti a Detroit e Philadelphia, non ad Haifa o Jedda.