GIU’ IN VIA LOMELLINA

Il bello di Milano non è il Duomo, l’Ultima Cena, la Galleria o via della Spiga. Il bello di Milano è atterrare a Linate, prendere un taxi e arrivare, dopo dieci minuti, in via Sismondi. Il bello è alzare gli occhi al quarto piano per vedere se la mamma è sul terrazzo ad aspettarmi. È scendere dal taxi con un po’ di magone, attraversare la strada tentando di non essere investiti dalla 93, suonare il citofono VIOLA e dire: “Sono io!”. Aprire il portone, fare i tre scalini, prendere l’ascensore con quel suo odore leggendario, famigliare e inconfondibile e schiacciare quarto piano. Aprire la porta e abbracciare mia mamma con uno di quegli abbracci da dopoguerra, quando chi non è stato ammazzato dal nemico torna a casa. È bello attraversare il corridoio e arrivare nella mia cameretta, con i maron glacé sul comodino che mi compra sempre la mia zia Pupa, che è una delle persone più dolci e generose del mondo. È bello sedermi su una delle poltroncine in cucina, accendersi una sana sigaretta e cominciare a chiacchierare con la mamma, con le sorelle che telefonano una dopo l’altra per sapere del viaggio, di quando ci possiamo vedere. Poi, è bello fare la prima passeggiata per via Lomellina, per assicurarsi che non sia cambiato niente. Ho scoperto per esempio, che la cartoleria dove andavamo a comprare i fogli protocollo a quadretti o a righe per i compiti in classe adesso è chiusa. “Per troppa polvere!”, mi dice scherzando mia sorella Anna, perché la vetrina era sempre sporca. Invece il negozio di vestiti all’angolo con via Zanella è diventato un posto per farsi la manicure, e il nostro parrucchiere di fiducia, il Michele, ha venduto l’attività. Sono dispiaceri difficili da digerire, lascia perdere, va che è meglio. In via Lomellina si trova di tutto, dallo spillo alla bomba atomica. È una specie di Google dove recarsi per qualsiasi evenienza, anche perché oltre alla cartoleria c’è Bellomi, negozio enorme di cancelleria che uno ci può spendere duemila euro in tratto pen e scotch. Ma a parte la praticità, la via Lomellina riesce a contenere in un vaso sottovuoto tutti quegli odori, quei sapori, quei rumori della mia storia. Ogni volta che ci passeggio mi sembra sempre di entrare in un libro magico, dove se si sta attenti si possono ascoltare ancora le voci di noi bambine che facevamo il giro della casa in bici, e cantavamo, o ridevamo, o ci fermavamo dal panettiere per la focaccina, dicendo che poi passa la mamma a pagare. Ogni passo è un ricordo, ogni vetrina un film da rivedere. In fondo, anche se alcuni negozi sono cambiati, la via Lomellina rimane sempre uguale. Accogliente, generosa, alberata, spaziosa, strepitosa. Non si trovano turisti, in via Lomellina. Si trovano le persone di sempre, ogni volta un po’ invecchiate, un po’ stanche, ma le facce sono sempre quelle. “Varda te! L’è la fiola de la sciura Viola! Ma te non sei mica quella che vive in America?”. Sì, rispondo un po’ impacciata. Sono arrivata ieri. “E i tuoi fioeu? Te ne ghe trii, no? E il Luca? L’ho letto il libro, sai? Uuuh che pianti, te me fa caragnà… Che bel belé! Ma lo sa che sei tutta tuo padre?”. In via Lomellina per fare la spesa si va nei negozi, non al supermercato. Il pane dal panettiere, i biglietti del tram e le sigarette dal tabaccaio, che adesso è tutto fighetto e si chiama da Venillo, la frutta dal fruttivendolo egiziano che ti fa sei banane per un euro. Quando si torna a casa dalla spesa fatta in via Lomellina, ci si sente sempre soddisfatti, con la coscienza a posto e mentre si aspetta l’ascensore ritorna come per magia una fiducia nel futuro. “Finché le cose rimangono sempre come in via Lomellina”, ci si dice un po’ a voce alta, “vuol dire che dai, in fondo va tutto bene”.