FAKE POLITCS, FAKE DEMOCRACY

Le primarie in Iowa avrebbero dovuto essere un test decisivo per le previsioni sulla nomination democratica. Non perché l’Iowa, piccolo stato del Midwest a larghissima prevalenza di bianchi, sia un campione rappresentativo della popolazione americana, ma più semplicemente perché da varie elezioni presidenziali in qua chi all’inizio delle primarie vince i caucuses in Iowa alla fine delle primarie vince la nomination. Perciò lunedí gran dispendio di maratone tv, sondaggi ( qua fanno i sondaggi incrociando dati di ogni tipo: colore, età, orientamento politico, orientamento favorevole o sfavorevole alla sanità per tutti o alla svolta ecologica, voto espresso alle elezioni precedenti etc etc), opinionisti e conduttori eccitati. C’era per di più un cambiamento delle regole dei caucuses: voto in due turni, con eliminazione al primo turno dei candidati con meno del 15% dei voti e possibilità di spostare il voto su un altro candidato al secondo turno. Partenza alle 7 di sera ora Iowa, le 5 in California dove sono io, incollata davanti alla tv. Nei talk gli argomenti principali sono: Sanders che parte favorito e può imprimere una svolta alla politica americana nonché alla sinistra europea; Sanders che allarma l’establishment democratico, il quale se ne inventa di ogni pur di bloccarlo (l’ultima che circola è Michelle Obama come vice di Biden); Sanders che anche se ottiene la nomination non verrà mai eletto presidente e quindi per sconfiggere Trump meglio Biden o Buttigieg o Bloomberg ( che non partecipa alle primarie e aspetta il Super Tuesday per uscire allo scoperto). Risultati dei caucuses attesi per le 11 Pm o giù di lí. Senonché disastro: l’app che era stata sviluppata per raccoglierli rapidamente non funziona, non era stata testata, c’è chi non è riuscito a scaricarla, chi ha mandato al diavolo le istruzioni per l’uso dei prompt, chi se ne infischia e manda i risultati alla sede centrale del partito democratico per telefono o fotografandoli. Conclusione: dati troppo “incongruenti” per essere proclamati. Aspettando di fare i calcoli con le tabelline, si inganna l’attesa con i candidati che uno alla volta salgono sul palco e pronunciano ciascuno il proprio discorsino, ciascuno come se avesse vinto. Ora sono le 9 del mattino e siamo ancora in attesa dei risultati. Ma il guaio, con ogni evidenza, non è questo. Il guaio è la figuraccia della macchina elettorale Democrat che si inceppa prima di partire. Il guaio è la precarietà di sistemi politici sempre più stretti fra il linguaggio tecnologico che non sanno usare e il linguaggio giuridico a cui inevitabilmente finiscono con l’affidarsi (si può già immaginare la sfilza di ricorsi che seguirà a un disastro del genere). Il guaio è Trump che se la ride perché se i dem non sono in grado di gestire una app figurarsi se sono in grado di governare, e così ridendosela parlerà stasera alla nazione, liberatosi dell’impeachment, nell’annuale discorso sullo stato dell’Unione. Il guaio è la sensazione di surrealtà di fronte ai discorsi “come se” dei candidati. Fake politics e fake democracy, altro che fake news.