HAMMAMET: UN FILM CHE NON RIABILITA PROPRIO NIENTE

HAMMAMET: UN FILM CHE NON RIABILITA PROPRIO NIENTE

Che Hammamet sia stato preso da tante/i come un’operazione di riabilitazione di Craxi è preoccupante e dimostra quanto sia isterica (lo dico in senso tecnico) la discussione pubblica italiana da trent’anni a questa parte. Hammamet non riabilita proprio niente, per la buona ragione che non è questo il problema del film, bensì il potere e la decadenza dal potere, con tutti i corollari che essa comporta tanto più quanto più il potere è stato osannato, blandito, accondisceso: malattia, malinconia, rabbia, rancore, amarezza, cattiveria, sprazzi (solo sprazzi) di commozione, tradimenti, abbandoni eccetera eccetera. In questo senso, Craxi è una maschera universale del potere e della caduta dal potere. Quanto a Craxi in particolare, invece, tre cose. La prima riguarda l’uomo e il politico: Craxi era un uomo antipatico, ispido, ruvido e arrogante, e come tale viene restituito – anzi clonato, da Favino – nel film. La seconda riguarda il rapporto transferale fra il capo e i suoi seguaci di cui Craxi è stato l’iniziatore, e anche questo è bene evocato, come sa chiunque abbia presente la devastazione del Psi che egli ha compiuto, colpa a mio avviso ben più grave di quella di aver rubato. La terza riguarda l’annodamento del presente al passato del ’92-’93, annodamento confermato dalle polemiche isteriche di cui sopra, cui il film suggerisce una soluzione attraverso l’espediente del sogno finale del protagonista, che è un sogno di riconciliazione fra politica e giustizia (si veda la recensione uscita su Volerelaluna) . E d’altra parte mostra come, non prendendo questa strada, l’Italia sia diventata un paese di matti, dove i figli di quella storia continuano a pagarne le conseguenze senza peraltro riuscire a redimere i padri. Per un film a me sembra più che sufficiente. Ma il guaio è che si continua a pensare che un film politico debba per forza essere un documentario quando va bene, un mattinale di polizia quando va male.