ADDIO A MIMMO SCHIAVONE, L’ALDO GIOVANNI E GIACOMO DI 80ANNI FA
        Ci sono parenti e persone care che quando scompaiono ti lasciano addosso un forte senso di rimpianto. Perché avresti voluto stare più tempo con loro, viverle di più e meglio attraverso la parola. È esattamente quello che è successo quando ieri ho saputo che Mimmo Schiavone si era spento all’età di 93 anni. Un appuntamento mancato quello con lui: ci eravamo ripromessi più volte di vederci un giorno per una bella e lunga intervista ma poi non se n’è fatto più niente. Si rimandava sempre, colpa del mio mestiere maledetto che si rimodula ogni giorno assecondando gusti e preferenze del momento. Ora però mi pervade il rimpianto: avrei potuto raccontare la vicenda artistica di un grande attore che ha rappresentato un’epoca. Perché di questo sono sicuro: Mimmo Schiavone ha incarnato bene il periodo storico in cui ha vissuto, quello dell’immediato dopoguerra fatto di stenti, miserie e arte di arrangiarsi. Nel 1943 diede vita a un trio comico con Franco Angrisano ed Enzo Tafuri, il trio Spritz che era un po’ l’Aldo, Giovanni e Giacomo di allora: mieteva grandi successi con gag e battute a volte frutto di improvvisazione e al teatro Verdi (che considerava la sua seconda casa) facevano la fila per vederli. Mimmo si divideva tra le scene e il negozio di articoli militari che aveva in Largo Campo. Erano gli anni delle feste di piazza, dei locali notturni, dell’avanspettacolo,dell’intrattenimento anche come presentatore ma anche dell’agognato posto fisso all’Ente provinciale per il turismo. Ogni cosa che faceva Mimmo la faceva bene mettendoci dentro la sua naturale simpatia ed empatia. In teatro come al cinema. Salernitano che amava veracemente la sua città, avrebbe fatto di più se solo avesse accettato di trasferirsi. Ma lui è stato pigro e si è accontentato di giocare per lo più in casa. Per ben 30 anni è stato Ponzio Pilato nella Via Crucis del centro storico manifestando un registro drammatico intenso e avvolgente come quello comico. “Spero che quando mi presenterò davanti al Signore – disse una volta a Corradino Pellecchia – lui sia misericordioso e non si voglia vendicare per averlo mandato a morte trenta volte!” Con lui se ne va l’ultimo testimone di una stagione artistica povera ma bella. Un abbraccio forte alle figlie Nunzia e Antonella, che hanno fatto tesoro degli insegnamenti paterni, e alla moglie Clonice.
