PIÙ IVA MENO IRPEF? I CONTI NON TORNANO

PIÙ IVA MENO IRPEF? I CONTI NON TORNANO

Gli anglosassoni lo chiamano “il gusto del mese“, rifacendosi ai gelati o ad altri alimenti, noi lo traduciamo come “quarto d’ora di popolarità”. Applicato alla politica, diventa invece un tormentone che dura in media un anno e a volte anche oltre. Di solito si tratta delle cosiddette “riforme”, più spesso della legge di bilancio dell’anno successivo. Quest’anno, ma anche il precedente, si tratta della cosiddetta rimodulazione Iva, che continua a mettere a dura prova la logica. Si dice: aumentiamo l’Iva, così potremo ridurre l’Irpef. Forse. Forse prima dovremmo scrollarci di dosso quel marchio d’infamia del record di evasione ed elusione Iva in Europa, dove siamo indiscussi maestri di frode. Ma tant’è: la politica scorda questi dettagli, preferendo imbucare lettere ai giornali. Prendete il sottosegretario all’Economia, il Pd Pierpaolo Baretta, il più vocale sostenitore della “rimodulazione”, con la finalità di “ridurre le tasse sui redditi medi e bassi”. Da parecchio tempo quello è il suo mantra, ripetuto ossessivamente anche a chi gli chiede l’ora. A dirla tutta, come forse ricorderete, l’idea di precostituirsi risorse aumentando l’Iva era già comparsa lo scorso anno ma fu stoppata dal partito diMatteo Renzi, che si mise di traverso costringendo l’esecutivo a rimettere nel cassetto tutta la retoricarimodulazionisticacon cui era già iniziato il lavaggio del cervello all’opinione pubblica. Ora si riparte, con gli stessi argomenti, e Baretta è in prima fila a sbracciarsi. In una intervista ieri alCorriere, il sottosegretario ha ribadito: