GOVERNARE DAL PARLAMENTO INVECE CHE DAL GOVERNO

GOVERNARE DAL PARLAMENTO INVECE CHE DAL GOVERNO

Una nostra idea di qualche giorno fa trova riscontri interessanti sul Corriere della Sera e sul Fatto quotidiano, e sta in fondo nelle cose, niente di sensazionale. Vale a dire: c’è proprio bisogno di un governo per governare? Non se ne può fare a meno, magari solo per qualche mese? •La cosa mi giunge del tutto nuova.L’abbiamo ipotizzata qualche giorno fa riferendoci all’approvazione di una nuova legge elettorale. Si parte prima di tutto da una constatazione politica: nessuno ha la maggioranza, M5s e Lega si parlano ma non hanno l’aria di voler fare un governo insieme, questo primo governo della XVIII legislatura incontra un ostacolo serio nel fatto che i grillini non vogliono avere Berlusconi tra i piedi mentre Salvini ribatte che il Cavaliere non si tocca, l’appoggio a questo o a quello del Partito democratico è ostacolato seriamente dalla posizione di Renzi e dei renziani non intendono schiodarsi dall’opposizione, dunque anche un appello del presidente della Repubblica per un governo «tutti dentro» avrebbe l’effetto, si direbbe, di spaccare il partito, i renziani all’opposizione i mediatori come Franceschini, o forse addirittura Martina, nella maggioranza. Del resto lo stesso Mattarella ha fatto sapere ai cronisti che si occupano di cose del Quirinale che la prenderà larga, le consultazioni cominciano domani, dopo averle chiuse con il parere di tutti quanti il presidente le comincerà di nuovo per veriricare qualche  cedimento, qualche apertura… Intanto saremo a ridosso delle elezioni in Friuli. Salvini s’è raccomandato di non far nulla fino a quel voto, il 29 aprile. Ma, a elezioni ultimate e risultati acclarati, saremo al 2 o 3 maggio. Seguiranno polemiche e analisi, si prenderà atto che M5s e Lega sono sempre più forti, magari ci vorrà un terzo giro di consultazioni, col che arriveremo al 10 giugno quando saranno chiamati alle urne 800 comuni, circa 7 milioni di italiani. Un altro bel test per capire meglio gli umori del paese. Forse solo a quel punto sarà dato un incarico o avremo capito che sbocco deve avere la XVIII legislatura. •Nel frattempo, dice lei, il parlamento potrebbe votare qualche legge. Essendo al governo Gentiloni.Al momento di decidere sulle espulsioni dei diplomatici russi, Gentiloni s’è consultato con i rappresentanti di tutte le forze politiche. Procedura inevitabile, il governo è dimissionario, le forze che lo rappresentavano nel parlamento di prima sono ridotte adesso al 20%. D’altra parte la nostra è una repubblica parlamentare, cioè un sistema in cui il protagonista numero uno è il parlamento. Se il parlamento approva una legge di sua iniziativa, questa legge ha solo bisogno della controfirma del capo dello stato, che la rilascia 99 volte su 100. L’opinione del governo è ininfluente. Mentre se è il governo a voler varare una legge deve passare per l’approvazione di camera e senato. Gli ultimi primi ministri – compresi Prodi e Mario Monti – hanno tentato di aggirare il parlamento col sistema dei decreti legge e dei voti di fiducia. Pratiche inammissibili adesso che c’è un governo dimissionario e privo di maggioranza. È invece possibile per i due vincitori – Di Maio e Salvini – mettersi intorno a un tavolo e concordare le leggi da approvare. Senza coinvolgimenti di Palazzo Chigi. Del resto, Roberto Fico, nel suo discorso insediamento, ha insistito non a caso sulla centralità del parlamento. •Per esempio, la legge elettorale.Già. Si diceva prima del voto che il centro-destra avrebbe voluto una legge con premio di maggioranza alla coalizione, mentre il M5s – che non intende allearsi con nessuno, specie alla vigilia del voto – propenderebbe per una legge col premio di maggioranza alla lista. Ma forse adesso anche Salvini non sarebbe contrario a premiare la lista: Fratelli d’Italia e Forza Italia sarebbero costretti a confluire in una Lega Italia comandata da Salvini. E le camere potrebbero anche approvare un qualche provvedimento punitivo dei voltagabbana per evitare che l’unità trovata strumentalmente prima delle elezioni venisse tradita dopo la chiusura delle urne. Il voto alla lista spingerebbe alla riunificazione anche Leu, Pd e altri frammenti della sinistra. •Che altre leggi si potrebbero approvare?Marco Travaglio, nel suo editoriale di Pasqua, ne elenca parecchie. Una legge per controllare le fondazioni, ultimo marchingegno scovato dai partiti per nascondere i soldi che ricevono (secondo l’Espresso la Lega avrebbe occultato in questo modo 48 milioni, Salvini ha negato con forza). Un’altra legge per togliere l’indennità aggiuntiva ai presidenti di commissione, che arrivano a guadagnare 18 mila euro al mese. La riduzione dei vitalizi a pensioni simili a quelle che incassano gli altri cittadini (i politici hanno sempre controargomentato che «i vitalizi non sono pensioni»). Travaglio consiglia di intervenire anche sulla Rai: con i vertici in scadenza a luglio, M5s e Lega potrebbero decidere di trasferirla a una fondazione e sottrarla al controllo dei partiti. Mi pare una pia illusione, ma chissà. •Reddito di cittadinanzaP? Flat tax?No, quelle no. Quelle sono riforme costose. Ammesso che siano possibili, si dovranno finanziare spostando capitoli di spesa da una voce all’altra. Per provvedimenti così ci vuole un governo.