I BACI CHE CI MANCANO

I BACI CHE CI MANCANO

Sono sempre stato refrattario a baci e abbracci. Il dialetto milanese ha una espressione che mi piace: stà sü de doss. Sono schizzinoso con chi non conosco. Che bisogno abbiamo di baciarci? Siamo amanti o desideriamo diventarlo? Siamo in intimità e non me sono accorto? Naturalmente ci sono circostanze dolorose o gioiose, in cui l’abbraccio è un gesto d’affetto necessario a mitigare una tristezza o a partecipare ad una festa del cuore. Quando eravamo bambini, io e mia sorella, avevamo l’incubo dei baci di una delle nostre due nonne. Alla quale volevamo un bene dell’anima, quasi come se fosse la nostra mamma. Nonna aveva il pregio di baciarci con trasporto e quindi di comunicarci quanto ci amava, ma il difetto di lasciare una striscia di saliva sulle guance. Ora pagherei per avere nonna che mi bacia, ma a quel tempo correvamo tutti e due di nascosto in qualche bagno a lavarci la faccia. Tutta la famiglia di nonna era composta da bacioni. I suoi fratelli, i cognati, i nipoti, i cugini, adulti, bambini, maschi, femmine. Baci sulla fronte, sulle guance, sui capelli. Mi piacevano ‘sti cugini, perché era gente piena di affetto, ma schivare quelle cannonate di baci per me non era facile. Siccome credo che si notasse la mia schizzinosaggine il ricatto era: ho un bacio Perugina per te Giorgino, se tu me ne dai uno vero dei tuoi. Fortuna che la cioccolata mi lasciava indifferente e meno che mai m’interessavano i baci Perugina. Baci, baci, baci. Quanti ne avrei voluti da dare. E quanti ne ho desiderati e non li ho ricevuti. E quanti altri rubati al tempo che non torna più. Stamattina una mamma ha allontanato la sua bambina che dal passeggino voleva baciare un’altra incontrata per caso. Sono i nuovi figli dello stà sü de doss. Vi amerete, anche a distanza.