BUONGIORNO UN CORNO!, GIOVEDI’ 12, IL REDDITO DI EMERGENZA …

BUONGIORNO UN CORNO!, GIOVEDI’ 12, IL REDDITO DI EMERGENZA …

Sostengo fino in fondo le decisioni del governo Conte ma questo non significa assistere al disastro in silenzio. Il divieto riguarda le uscite in pubblico ma la democrazia, al momento, resta inalterata e proprio adesso, con responsabilità, la dobbiamo esercitare per trovare soluzioni. C’è una verità taciuta che non possiamo nascondere: con 25 miliardi di euro si può solo iniziare a fronteggiare il collasso dell’economia ma di miliardi ne occorreranno diverse centinaia per evitare l’assalto popolare con i forconi ai generi di prima necessità e ai servizi essenziali per garantire la vita delle persone in assenza di stipendi e con il fallimento che si prospetta per la maggior parte delle attività produttive. Quello che sappiamo tutti ma non si può scrivere sui giornali del mainstream è che l’economia italiana si basa essenzialmente su due cardini al di fuori delle proiezioni degli economisti europei: l’illegalità e la famiglia. Il lavoro nero innanzitutto, l’unica alternativa che supplisce alla cronica mancanza di posti di lavoro. Nei ristoranti e nei bar, nei bed and breakfast, nell’edilizia, nelle piccole ditte, nelle consegne a domicilio al di fuori dei grandi circuiti, tutti coloro che lavorano in questi settori, che a Roma per esempio costituiscono il 60% dell’economia reale, e perderanno il posto non potranno reclamare con nessuno un sussidio di disoccupazione perché ufficialmente non esistono. L’illegalità dell’evasione fiscale, quella che consente allo Stato che non la combatte seriamente, di dire che non ci sono soldi per i servizi tagliando, ad esempio, i posti letto negli ospedali, la conosciamo già da anni, invisibile anche questa, elemento portante e strutturale della ricchezza di pochi nel nostro Paese. Ci sono poi i contratti a metà, quelli che prevedono una parte in nero e una parte registrata, fatti solo per avere una parvenza di legalità per i lavori che riguardano il precariato cognitivo, quello che lavora nei piccoli studi di servizi per il web o negli uffici legali o nelle scuole private, sempre per fare un esempio, quello dei giovani laureati in attesa di un lavoro migliore oggi ancora più lontano. Fin qua alle carenze del sistema aveva supplito la famiglia. Come luogo in cui restare in attesa di potersi pagare un affitto con uno stipendio vero, come eredità della casa acquistata da nonni e genitori per farne una piccola attività legata al turismo, come luogo in cui lasciare i figli non avendo i soldi per una baby sitter. Ma la famiglia è colpita come tutto il resto da questa crisi e a sua volta dovrà rivolgersi allo Stato per continuare a funzionare. Non a caso tra i provvedimenti previsti dal governo si parla di congedi per poter assistere i propri figli che in questo periodo non vanno a scuola, non tutti hanno nonni e nonne ancora vivi o in grado di ospitare la nuova famiglia creata dai figli. Persino Virginia Raggi, incredibile ma vero, però diamole atto per una volta, due giorni fa si è detta vicina a chi perderà il lavoro nero. Perché essendo il Sindaco di Roma sa bene che l’economia della Capitale e di tutto il meridione d’Italia si basa su questi due principi cardine: illegalità e famiglia. Al momento però risulta l’unica ad aver preso posizione sull’argomento. Non risulta che i sindacati, che dovrebbero essere le organizzazioni base, i portavoce naturali di queste istanze, si siano espressi per difendere le categorie che perderanno quel pochissimo che hanno finendo nella miseria più nera. Ed è grave, anche se è una tendenza in atto da anni. Parliamoci chiaro: 30 giorni, 60 giorni al massimo di chiusura e inizieranno i fallimenti delle piccole attività che si reggevano sul lavoro nero che ovviava in parte alla mancanza di lavoro vero e regolato. Un impoverimento di massa sta per abbattersi sulla società italiana che già aveva difficoltà a fronteggiare l’impoverimento dovuto alle precedenti crisi economiche in atto da dieci anni e non è certo in grado di far fronte senza sgretolarsi all’ondata di disperazione in arrivo. Occorrono centinaia di miliardi e un nuovo patto sociale, dobbiamo dirlo, urlarlo prima che sia troppo tardi. Se questo bisogno di soldi, di indebitamento ulteriore, comporterà fratture politiche con l’Unione Europea il governo italiano deve essere pronto a fare un fronte compatto, perché in gioco c’è la vita di milioni di italiani e non è sovranismo garantire a tutti, non ai più forti, a tutti come è scritto nella Costituzione, il diritto alla vita. Perché siamo arrivati a questo e non si può ipocritamente ignorarlo, quella che è in gioco è la vita, il cibo, la casa. Sulla socialità possiamo tirare dritto ma sul mangiare e dormire non si scherza. Serviranno almeno 300 miliardi di euro per dotare ogni italiano di un REDDITO DI EMERGENZA che non deve passare per le imprese, che lo darebbero soltanto a chi è già in parte garantito, ma che deve finire direttamente nelle tasche di ogni singolo cittadino italiano privo di uno stipendio e di un contratto di lavoro legale. Non c’è altro da aggiungere, non ci sono raffinatezze intellettuali o esistenziali da reclamare: questa è la situazione e così va affrontata se si vuole evitare che in questo carcere domiciliare in cui ci ha cacciato il coronavirus esploda con uguale violenza la rivolta che è già scoppiata nelle prigioni vere e proprie con morti e feriti.