CANNES 1. UN IRANIANO SI PERDE IN SPAGNA

CANNES 1. UN IRANIANO SI PERDE IN SPAGNA

Sapete qual è il problema con “Todos lo saben” (“Tutti lo sanno”) di Asghar Farhadi? Che per spiegarvi a fondo i motivi per i quali non funziona bisognerebbe ricorrere in misura massiccia agli “spoiler”. Parola orribile che significa “rivelazioni inopportune sulla trama di un film che rovinano il piacere della visione a chi non l’ha ancora visto”. Bisognerebbe, insomma, rivelare che il colpevole è il maggiordomo e che alla fine arrivano i nostri e gli indiani vengono sgominati. Farhadi è l’iraniano autore di “A proposito di Elly”, “Una separazione”, “Il cliente”. Fa solo film belli. Finora il meno bello era “Il passato”, girato in Francia: ma guarda un po’! Ora viene scalzato da “Tutti lo sanno”, che potrebbe in realtà intitolarsi anch’esso “Il passato”, perché di quello si parla. La trama, finché si può: una numerosa famiglia spagnola con figlie adulte si ritrova al paesello per il matrimonio della sorella più giovane. Arriva anche Laura (Penelope Cruz), con i due figli adolescenti ma senza il marito che è rimasto in Argentina, dove Laura si è trasferita. Durante l’interminabile festa di nozze viene rapita la figlia più grande di Laura, una ragazza di 14-15 anni. Subito arriva una richiesta di riscatto, con il più classico degli ultimatum: se vai alla polizia, tua figlia è morta. Scatta una sorta di auto-analisi collettiva in cui tutti i parenti, compreso il padre che arriva disperato dall’Argentina, sono sospettabili. Emerge, appunto, “il passato”: fatto di soldi, di ripicche, di proprietà vendute sotto costo, di contadini insoddisfatti, forse – ma non lo si dice mai – dell’ombra del fascismo che ancora aleggia sulla famiglia distrutta. Farhadi è probabilmente il miglior sceneggiatore del mondo perché i suoi copioni comunicano, anche solo attraverso il dialogo, una tensione continua. Ma qui non funziona. E non funziona perché il film ha pur sempre una “apparenza” da giallo, da thriller con ricerca del colpevole: una crosta sotto la quale si nascondono i drammi familiari, ma pur sempre una crosta che devi sgranocchiare con piacere, perché è attraverso la risoluzione del caso che lo spettatore viene attirato nella storia. E lì, veramente, i passi falsi e i luoghi comuni non si contano: vien voglia di spedire Farhadi a ripetizione da Agatha Christie. Ripeto: non si può dir nulla, o fioccherebbero gli “spoiler”. Vi dico solo questo: quando Penelope Cruz dice al marito Ricardo Darin (ruolo da “tinca” per un attore superbo e sprecato) che deve andare a parlare con Javier Bardem e dirgli “una cosa”, ho indovinato subito – un quarto d’ora prima – cosa gli avrebbe detto. E il sottoscritto, nei gialli, non indovina mai nulla! Se ci sono arrivato persino io, vuol dire che la scena è telefonata e prevedibile. Peccato. Cannes 1. Un iraniano si perde in Spagna.