SI MOLTIPLICANO GLI ATTACCHI AL VENEZUELA DOPO LE ELEZIONI PRESIDENZIALI

SI MOLTIPLICANO GLI ATTACCHI AL VENEZUELA DOPO LE ELEZIONI PRESIDENZIALI

A poche settimane dall’elezione presidenziale del 20 maggio, contro il Venezuela si moltiplicano gli attacchi: economici, mediatici, finanziari, diplomatici. Dove si è mai visto che si disconosca un processo elettorale ancora prima di sapere i risultati? Dove si è mai visto che a deciderlo siano governi impresentabili che si reggono sulla frode elettorale? Eppure con il Venezuela succede, perché la borghesia fa il suo mestiere. Succede nonostante questa venticinquesima elezione si svolga con un sistema altamente automatizzato, provato da numerose verifiche e da centinaia di osservatori internazionali che si sono recati nel paese, come faranno anche questa volta. Ma gli Usa non sono d’accordo. L’Unione Europea non è d’accordo, non è d’accordo il Segretario generale dell’Osa, Luis Almagro. Non sono d’accordo i paesi che compongono il Gruppo di Lima, un coacervo di impresentabili che non potrebbe dare lezioni a nessuno. Tra questi c’è la Colombia di Santos, che sta facendo morire in carcere l’ex guerrigliero Jesus Santrich, in sciopero della fame a oltranza per denunciare l’affossamento del processo di pace. C’è l’Honduras delle frodi elettorali e degli omicidi di ambientalisti, c’è il Brasile del golpista Temer e l’Argentina di Macri che incarcera i deputati e uccide i manifestanti mapuche. E si potrebbe continuare con il Messico, il Perù, senza contare il partito più potente di tutti: quello delle gerarchie ecclesiastiche. Quello che, dal Venezuela al Nicaragua, parla di dialogo e benedice di vuole affossarlo. E a competere contro Maduro c’è anche l’imprenditore Javier Bertucci, capo della chiesa evangelica, ben inserito nella rete di forze conservatrici che condiziona i governi dell’America latina, come si vede nel Brasile del golpista Temer. E se vincesse un candidato delle destre fra quelli che competono contro Maduro, come reagirebbe la cosiddetta comunità internazionale? Se il sistema elettorale venezuelano non piace, perché le destre hanno accettato le loro vittorie, anche recenti, nelle ultime elezioni regionali, comunali e prima nelle parlamentari del 2015?Per spezzare il cerchio della disinformazione, la presidente del Cne, Tibisay Lucena, avrebbe voluto venire in Europa: ma ha dovuto fermarsi a Tunisi, perché a causa delle sanzioni di Mogherini, Tajani e soci non ha potuto mettere piede in Europa, trattata come una “pericolosa terrorista”, ha scritto il giornalista francese Maurice Lemoine, una delle poche voci fuori dal coro che è andato a intervistarla.Lucena non può entrare, ma l’Italia e l’Europa ricevono in pompa magna ardenti “difensori dei diritti umani” quali Al Sisi o Erdogan, e consegna il premio Sakarov per la libertà di espressione a nazisti e golpisti venezuelani.Non c’è da stupirsi, la borghesia fa la sua parte, ma anche chi non ne condivide i programmi dovrebbe fare la propria, anche se non si entusiasma per le tornate elettorali: perlomeno provando a leggere oltre le notizie drogate, senza abboccare all’amo che ci offre, ben condita, la polpetta avvelenata.Lo abbiamo visto con il Nicaragua. Personcine che in Italia hanno ingoiato e votato partiti e scelte moderate e antipopolari, ora si ergono a difensori della “purezza del sandinismo” e invocano una radicalità che mai hanno praticato in casa propria, ignorando una considerazione elementare: da quando le imprese private sarebbero contro il neoliberismo che loro stesse hanno introdotto nel paese negli anni bui in cui il sandinismo stava all’opposizione? Perché sono precisamente loro che hanno innescato la protesta e che ora cercano di sabotare la Commissione per la verità istituita dal governo, nella quale verrebbe fuori un’altra versione.Prima di sparare bordate a caso e di affossarsi da soli, bisognerebbe scegliere il bersaglio e il proprio campo. Vale più che mai per il Venezuela, dove – senza le fette di prosciutto sugli occhi che in tanti hanno, anche nei movimenti italiani – i termini della lotta di classe sarebbero chiari. In vari capitoli pubblicati su Telesur, l’analista politico argentino Marco Teruggi li ha indicati in concreto.Che fare, dunque? Intanto, manifestarsi, prima e dopo le elezioni quando, se Maduro vince, comincerà un periodo simile a quello del periodo especial a Cuba. Occorre mostrare che, in Italia, non ci sono solo fascisti, Mogherini, Tajani, Casini e contorni. Da qui al 20 maggio, dobbiamo farci sentire: con inventiva e decisione, nelle reti sociali, nelle sedi e nei quartieri.Dal sito del Comando Comunicacional Internacional Hugo Chavez è possibile scaricarsi il logo, diffondere e moltiplicare il sostegno alla candidatura di Nicolas Maduro. Chiediamo ad artisti, compagni, sportivi, musicisti, di pronunciarsi: i potenti ci mettono le bombe, noi ci mettiamo la faccia e l’impegno: a fianco di quelle forze popolari organizzate che, in Venezuela, rappresentano la nostra trincea.