UN BELLISSIMO VELOCISSIMO ASSASSINO
In una Roma ‘città chiusa’ sospesa in un’atmosfera surreale che ricorda scene di film di Antonioni, con semafori in funzione quasi inutili, con l’acqua del Tevere, mi dicono, tornata trasparente per meno schifezze scaricate, con l’assenza dei tanto italici clacson e, soprattutto, della moltitudine umana che tutto invade, il tutto in un paese quasi fermo con anche gli ‘abbaiatori’ serali dei talk show-pollaio televisivi in buona parte azzittiti, e di questo saremo sempre grati al covid, insomma in tutta questa rivoluzione a rovescio che stiamo subendo, lui se ne frega altamente, dominando il cielo cittadino in lungo e in largo, ogni tanto litigando con qualche consimile incontrato per caso, continuando imperterrito la vita di sempre senza alcuna limitazione e senza mai toccare terra.Lui è il Pellegrino. Falcone per eccellenza, rapace diurno cosmopolita, presente ovunque nel mondo con varie sottospecie. Questo meraviglioso uccello da preda da diversi anni è presente stabilmente anche in molte grandi città, dove nidifica alla sommità di alcuni edifici. Roma è una di queste con almeno quindici coppie presenti.Di silhouette slanciata con ali appuntite per raggiungere velocità altissime dell’ordine dei trecento chilometri all’ora, presenta sul dorso, negli individui adulti, una colorazione ardesia bluastra mentre la parte ventrale è bianca con sovrapposto un ricamo di linee grigie scure. La femmina è molto più grande del maschio con un’apertura alare che può raggiungere il metro e un peso di circa un chilogrammo. Il maschio, pur essendo di dimensioni significativamente ridotte, è una vera e propria macchina da guerra volante, capace d’infastidire anche uccelli di gran lunga più grandi come per esempio un’aquila. Le prede dei pellegrini sono uccelli catturati nell’aria con grande maestria, frutto d’inseguimenti mozzafiato con scivolate e picchiate fulminee fino a sbattere forte contro la preda che precipitando è poi ripresa in volo dal falco per essere subito uccisa con il forte becco che le spezza il collo.Intorno alla metà del secolo scorso questa specie subì una forte contrazione di popolazione dovuta a diversi fattori. I principali di questi furono gli abbattimenti illegali, la depredazione dei nidi per opera di falconieri e collezionisti senza scrupoli e la presenza di DDT nel guscio delle uova che così si rompevano prima della schiusa per ridotto spessore. La presenza di questa sostanza nociva nelle uova di Pellegrino era dovuta al fatto che gli uccelli predati dal rapace si erano a loro volta cibati d’insetti che si erano alimentati in campi trattati con DDT; insomma una dannosa catena alimentare. La successiva messa al bando di questa sostanza e gli interventi di conservazione attuati in molti paesi del mondo a difesa dei pellegrini e dei rapaci in generale hanno fatto sì che la specie si risollevasse. Oggi il Pellegrino gode buona salute nella maggior parte dei paesi in cui vive.Le prime osservazioni personali di questo bellissimo falco risalgono agli anni ’80 del secolo scorso. All’epoca si organizzavano campi di sorveglianza presso le scogliere marine del basso Lazio e in altre parti d’Italia per contrastare le depredazioni ai nidi dei falconieri, spesso provenienti dal nord Europa. Ricordo l’inseguimento fra le rocce, a velocità incredibili, del maschio verso i piccioni selvatici con lo sfondo del mare azzurro, il profumo della coronilla fiorita alla base delle rupi, il richiamo stridente della femmina posata su un masso al vertice della falesia in attesa che il compagno la raggiungesse per offrirle una preda prima dell’accoppiamento di rito. Scene indimenticabili che, anche se in una cornice antropizzata, è possibile osservare, magari per caso oppure perché si vanno a cercare conoscendo i siti idonei, in città.Chissà che un giorno camminando per esempio a Viale Marconi non si avverta sopra di noi uno strano trambusto nel cielo con conseguente discesa nell’aria di alcune penne di piccione…senz’altro non cadute per caso.
