LA SINDROME TATCHER-JOHNSON
Sarebbe facile dire così: “Che soddisfazione! Boris Johnson, lo spavaldo premier britannico che aveva invitato gli inglesi, solo due settimane fa, a prepararsi a veder morire i proprio cari per dare libero corso all’immunità di gregge, ha dovuto ammettere in tv di aver contratto il virus e da 24 ore è anche ricoverato in ospedale.” In effetti le ultime immagini note lo descrivono pallido, con lo sguardo spento e provato: proprio lui che con tanta baldanza aveva imposto ai suoi connazionali la stessa spavalderia nei confronti del contagio, salvo dover constatare che gli inglesi hanno adottato spontaneamente il lockdown per tentare di sottrarsi al contagio! Non è una gioia veder punita una tale sfrontata arroganza? No, non è una gioia. (Alle 22, quattro ore dopo aver pubblicato questo post, leggo che é stato portato in terapia intensiva….) Speriamo invece che i sintomi di Johnson, davvero preoccupanti se ha dovuto accettare l’umiliazione (per lui, tanto sicuro di sè) del ricovero in clinica possano recedere in breve tempo, dandogli modo di rientrare a casa, per condividere le gioie e le apprensioni delle ultime settimane di gravidanza della nuova moglie e anche di godersi fra poche settimane il suo nuovo bambino).No, noi non ci rallegriamo per nulla della (giusta, dice ostinatamente qualcuno) punizione dello spregiudicato cinismo del leader conservatore che ora sperimenta in prima persona gli effetti del virus al quale era pronto a consegnare 200.000 suoi connazionali. Noi, semplicemente, pensiamo e sentiamo in modo diverso da lui. Tutto qui.Il che non ci impedisce di esprimere qualche considerazione sulla “sindrome Tatcher-Johnson” (mi piace chiamarla così) di cui, in questo spazio facebook, abbiamo ragionato qualche giorno fa, quando abbiamo provato a capire perchè il leader inglese pensa esattamente come la sua maestra, la “lady di ferro” che stroncò con la fame lo sciopero dei minatori inglesi spiegando a tutto il mondo che “la società non esiste”, che la so-lidarietà sociale è solo una chimera, che siamo solo folle informi di indivi-dui in concorrenza gli uni contro gli altri sotto il dominio del Dio Mercato e appagati dall’egemonia del pensiero iper-neoliberista elaborato negli anni ’70 dal premio Nobel per l’economia, l’americano Paul Samuelson.Mi pare opportuno, proprio mentre auguro pronta guarigione a Johnson, richiamare la nostra attenzione (sapete quando amo studiare e per così dire smascherare- le parole che usiamo) su quell’espressione che da diverse settimane è entrata a far parte del nostro vocabolario corrente: “l’immunità di gregge”. E a questa strategia che si è affidato lo stesso leader britannico quando all’inizio del contagio italiano si è rifiutato di pensare per il regno Unito a provvedimenti tesi a contenere i danni del virus riducendo al massimo il numero delle vittime del suo paese.So bene che sarà proprio questa la nostra difesa -in futuro- contro eventuali ritorni del corona virus. E’ all’immunità di gregge che dovremo affidarci, assieme a nuovi vaccini e nuovi farmaci oggi allo studio. Quello che mi interessa qui prendere in esame è adesso proprio la parola “gregge”, che in latino designa l’insieme degli ovini che il pastore ha “con-gregato”, facendo di una massa dispersa e disorganica un insieme vivente che con-divide la stessa condizione di vita. (E non dimentichiamo la figura evangelica del Buon Pastore che “conosce le sue pecore da una ad una” e che se una si perde la va a cercare finchè non la ritrova). Ebbene, il gregge che condivide uno stesso destino è l’esatto contrario di quella “società che non esiste”, almeno secondo la Tatcher e il suo attuale e fervido discepolo Boris Johnson.Ed è esattamente questo l’intrinseco paradosso dell’espressione che abbiamo imparato a usare in questi giorni. Non basta, a difenderci, l’im-munità del singolo: se vogliamo evitare nuovi contagi è il gregge intero che deve immunizzarsi: anche contraendo -ciascuno singolarmente- piccole dosi del virus, per poter disporre insieme delle difese necessarie.Non essendo medico e immunologo, non mi addentro in altri dettagli, ma riporto questa immagine del gregge alla dimensione sociale ed e-conomica: perché, con il fermo di gran parte della attività economiche non essenziali, sono decine di milioni gli italiani (lavoratori, artigiani, commer-cianti, imprenditori, insieme a tutti coloro che sono obbligati o -al contra-rio- vogliono a lavorare in nero) che subiscono gli effetti angosciosi di questa improvvisa incertezza sia dei propri introiti attuali che di quelli futuri. E per molti non si tratta di redditi accessori, ma essenziali alla so-pravvivenza della famiglia e della propria impresa.Vale la pena di osservare che presso i piccoli imprenditori, gli arti-giani, i commercianti, gli autonomi che lavorano con partita IVA, ha attec-chito con grande vigore nel giro degli ultimi trent’anni proprio il mito ta-tcheriano della “dis-gregazione” sociale in favore di una ideologia del soli-psismo economico che ha esecrato lo Stato e il fisco come autentiche sanguisughe e idolatrato, all’opposto, le virtù onnipotenti del Mercato, cioè dell’uno contro tutti. (Salvo il caso degli oligopoli e dei cartelli dove abbiamo pochissimi operatori economici contro tutti gli altri, che vengono regolarmente sterminati.)Ma cosa sta succedendo in questi giorni in Italia, dopo che già nelle 3/4 settimane precedenti, si è riscoperto il ruolo irrinunciabile della Sanità Pubblica come garanzia sociale obbligata a difendere tutti, anche nelle condizioni più estreme e costose, come quelle di una pandemia? Accade -lo vediamo in tv , in rete e nei giornali- che TUTTI oggi pretendono interventi immediati e futuri dello Stato, sia per garantire il diritto a un pasto in assenza di altre entrate, sia per consentire -nella fase 2- una ripresa che non permetta solo ai grandi gruppi di ripartire. Anzi, proprio la destra più antistatalista è la più impegnata a esigere coperture e interventi (statali ed europei) riconoscendo così allo Stato quel ruolo di “buon pastore” del gregge piegato e piagato dalla pandemia che fino a ieri aveva disprezzato e aborrito.Mai come in questi momenti abbiamo sentito la Confindustria e le organizzazioni della Piccola e Media Impreditoria, dell’Artigianato, degli Autonomi, massimamente dei Commercianti, reclamare garanzie e finanziamenti pubblici (o garantiti dal pubblico, cioè da TUTTI NOI) per evitare fallimenti, chiusure di attività o anche solo riduzioni della produzione e delle vendite una volta che sarà sbloccato il blockdown. Viene spontaneo chiederci: in nome di quali valori o principi si chiede al governo tutto questo? e perchè anche Salvini, Meloni, Tajani, Lupi, Quagliariello (grandi e piccoli partiti di opposizione) vogliono sedere alla “cabina di regia” per la gestione della “fase 2” durante la quale si erogheranno queste masse enormi di denaro?Si sta forse riscoprendo anche da noi, a dispetto della Tatcher e dell’iper-neoliberismo di Trump, Johnson e dei loro allievi italiani, che in-vece “la società esiste”? Che l’immunità di gregge dalle malattie poten-zialmente mortali dell’economia si possono affrontare solo tutti insieme, restituendo al gregge e a chi lo governa una dignità e un ruolo irrinunciabili e decisivi per la salvezza di tutti?Pongo, sommessamente, il mio caso. Per ora non patisco la fame, dispongo di entrate sufficienti, non dovrò far ripartire la mia ditta, il mio laboratorio, il mio negozio. Perchè dovrei essere disponibile a vedere il Stato indebitarsi per il presente e per il futuro prendendo a prestito cifre così ingenti -come esigono tantissimi piccoli, medi e grandi operatori eco-nomici italiani- che anch’io dovrò pagare (e che dovranno pagare nel tempo i miei figli e i miei nipoti)? Perchè anch’io invoco l’intervento pub-blico per garantire un sostegno economico a chi non ha oggi i soldi per pagare al supermercato? Che interesse oggettivo ho a sostenere anche coi miei risparmi (depositati anche in Cassa Depositi e Prestiti) finanziamenti eccezionali a tassi garantiti e super agevolati a milioni di artigiani, commercianti e partite IVA che li pretendono a gran voce (anche chi ha si-stematicamente evaso le tasse, teorizzando questo diritto “per poter so-pravvivere”)? Dovrei dire: nessuno.Ma so benissimo che la dis-gregazione della società sarebbe un sui-cidio anche per me, per i miei cari, per le persone a cui voglio bene. E dunque sono disposto a ribadire la mia fiducia nel ruolo di intervento dello Stato, nei principi che stanno alla base della nostra tante volte denigrata e disattesa Costituzione, o più semplicemente nei valori etici di solidarietà che sono condizione vitale per ogni insieme sociale. L’immunità (anche economica) di gregge non è quella dei singoli, ma quella di tutti.Spero che una volta usciti dalla fase 2 ci sia tempo e voglia per riflet-tere onestamente e pubblicamente sulle esperienze difficili (non solo sotto il profilo sanitario) che stiamo vivendo in questi mesi per decidere insieme se davvero possiamo rinunciare alla solidarietà sociale ed economica o se non dobbiamo rivedere il nostro modello politico e morale per uscire da quella nefasta “atomizzazione” che è stata ideologia egemone per almeno trent’anni in tutto l’Occidente, Italia in primis.Per esempio, dovremo anche decidere il futuro della nostra sanità pubblica, ancora invidiata in altri paesi, ma da troppo tempo (come scuola e ricerca) impoverita e umiliata. Forse davvero è tempo di capire che non ci possiamo (assi)curare salute e futuro pensando solo a noi stessi indivi-dualmente. Il Coronavirus forse potrà aiutarci a riflettere e a decidere per il meglio.P.S. Un’altra volta, magari, proveremo a estendere questo discorso. Davvero possiamo pretendere di salvare il nostro maggiore o minore be-nessere nazionale senza capire che nel tempo della globalizzazione i pro-fughi per guerra, per fame, per lavoro non sono corpi estranei della co-munità ormai planetaria di cui oggi siamo irreversibilmente parte?
