BUONGIORNO UN CORNO!, MERCOLEDI’ 8, IL RECUPERO DEI CORPI …
C’è una storiella che spiega bene l’apporto dei grandi giornali all’informazione sul coronavirus. Un insegnante sta narrando agli studenti la tragedia del Titanic. Per arricchire la storia di particolari alla quinta elementare dove insegna, colora un po’ la vicenda. Racconta quindi che mentre già la falla è aperta e l’imbarcazione sta affondando, la vita a bordo si svolge come se nulla fosse. Un bambino, descrive per rendere viva la situazione, sta giocando con un aeroplanino nella sala da pranzo. Poi l’orchestra che suona, la gente in smoking, infine l’inabissamento. C’è grande emozione nell’aula. Dopo qualche secondo di silenzio, un alunno alza la mano per fare una domanda. “Scusi professore, l’aeroplanino che fine ha fatto?” I giornali del cosiddetto mainstream in questi giorni sembrano parlare più dell’aeroplanino che dell’affondamento del Titanic. Giustissimo occuparsi, ci pensa il Corriere della Sera, di questioni come il possibile contributo delle zanzare alla diffusione del virus, non è questione da sottovalutare, delle polemiche tra scienziati, della riapertura delle attività produttive. Ma in questo momento di grande smarrimento generale in cui ci viene detto che la nostra vita quotidiana non sarà più come prima per lungo tempo e forse per sempre, anzi ci spiegano che le pandemie saranno più frequenti in futuro, vorremmo capire se dobbiamo rassegnarci a ricreare in casa con la realtà virtuale il mondo che fu e potremo ancora godere delle meraviglie del mondo e della natura, muovervi al suo interno insieme agli altri. Ho la fortuna di poter leggere per lavoro molti giornali e tra questi Forbes, il giornale dei riccastri, quello che sforna le classifiche dei miliardari nel mondo. In questa fase le preoccupazioni di un miliardario sono interessanti, ci permettono di capire l’evoluzione dei rapporti sociali. Prendiamo i ristoranti. Tra Gino er carrettiere, lo zozzone sotto casa, ma anche un più compunto ristorante di media categoria, e Maxim’s la differenza, da molto prima del coronavirus, oltre che nel prezzo sta nell’ambiente. Nei ristoranti di lusso il prezzo alto è dato dall’assenza della massa. C’è spazio e silenzio tra un tavolo e l’altro e paghi per quella tranquillità, quell’assenza di corpi disordinati e urlanti che affollano altri luoghi. Scrive Forbes: “Ci dovremo abituare nei prossimi anni a diffidare di metro e bar troppo affollati, delle discoteche e degli hotel non standardizzati. Le palestre potrebbero convincersi a puntare di più su corsi online. L’e-commerce – unico medium attualmente disponibile per acquistare ciò che non si trova nel nostro circondario – potrebbe subire uno sviluppo radicale. I cinema, le sale da thé, i centri commerciali potrebbero installare a tempo indeterminato poltrone distanziate almeno un metro l’una dall’altra, panchine dove ci si può sedere soltanto uno alla volta e così via“. Tutto vero indipendentemente dal patrimonio. Quello che non è scritto, perché non è fine parlarne tra noi miliardari, è che se un locale dimezza gli utenti a cui si rivolge, per sopravvivere deve raddoppiare i prezzi. “Com’è facile immaginare – perché i miliardari queste cose le sanno – il costo maggiore di questa rimodulazione della società in senso “spartano” sarà a carico delle fasce più povere e deboli … i poveri avranno più alte probabilità di venire infettati, perché costretti a lavorare in ogni caso o a vivere in case troppo affollate”. Per questo motivo non è da escludere … il ricorso da parte del governo ad algoritmi complessi che riescano a identificare i soggetti più vulnerabili; con il rischio, purtroppo, di involontarie discriminazioni”. Insomma, a parte le nostre battute piene di pregiudizi da osteria, affollata, Forbes individua, in quanto si rivolge a classi benestanti, una questione che non compare negli editoriali dei giornali mainstream. E prevede anche lo scenario che al momento circola soltanto nei social: “Il costo umano della pandemia potrebbe portare alla disintegrazione sociale. Coloro che resteranno senza speranza, senza lavoro e senza asset potrebbero facilmente prendersela con chi sta meglio”. E già. Proprio così. E neanche a dire che eravate simpatici prima, detto con estrema franchezza, cari ricconi del ventunesimo secolo. Va detto per correttezza che l’autore dell’articolo, un ottimo articolo tra l’altro, riporta semplicemente dei dati, anzi auspica che il coronavirus sia l’occasione per rimettere mano alle ingiustizie sociali, scrive su un giornale per uomini e donne d’affari ma non è uno di loro, si capisce chiaramente e ci scuserà per l’ironia di maniera che riserviamo invece ai suoi potenziali lettori. Ma con lucidità mette sul tavolo una serie di problematiche che restano fuori dalle considerazioni di editorialisti e politici di questo periodo. Per esempio il conformismo sociale che avanza, le tentazioni autoritarie, la sorveglianza e il costo economico e sociale per renderla efficace. Ma se vogliamo trovare soluzioni egalitarie a questi problemi non dobbiamo dimenticare il punto di partenza fondamentale: il principio dell’ingiustizia prossima ventura risiede nella separazione dei corpi, nella lacerazione sociale come possibilità di incontro e contatto. Sembra un problema filosofico e invece è una scelta di politica economica.
