FRANCESCO BIAMONTI, TRA LA LUCE E IL SILENZIO
Francesco Biamonti ( ligure nato nel 1928 a San Biagio della Cima, è morto nel 2001 a 68 anni) ha trascorso gran parte della sua esistenza coltivando mimose e olivi nella riviera ligure di ponente mostrando una conoscenza approfondita di ogni essenza arborea non tanto da agricoltore ma da esperto botanico. Bibliotecario per un certo periodo della sua vita, raffinato letterato e parsimonioso scrittore, ha scritto quattro romanzi (editi da Einaudi). Romanzi di paesaggio, come li ha definiti Italo Calvino, ma anche di passaggio. Ambientati come sono in quel fazzoletto di terra dove l’Appennino si tramuta in Alpi; la brezza di mare si mescola con l’aria di neve; il dialetto ligure si confonde con il provenzale e i sentieri finiscono chissà dove. Una volta terra di contrabbandieri, ora di clandestini che si lasciano dietro fruscii e bisbigli notturni. Un luogo dove bungalow, multiproprietà e villaggi turistici cedono il campo a paesi di pietra abitati da vecchi. Pietre alle quali i pochi abitanti rimasti stanno aggrappati come le mimose e gli olivi, accomunati a essi da un malinconico destino ed avendo con loro un intimo colloquio “Era arrivato alla sua campagna dietro la rupe. Le mimose sprigionavano un po’ di luce quasi marina. Gli venne voglia di parlare agli ulivi che le proteggevano: – La vostra anima coriacea non è la peggiore delle anime.”. Quando lessi della morte di Francesco Biamonti pensai che dal suo cassetto sarebbero emerse segrete poesie bellissime. Non è stato così, evidentemente, la sua ispirazione si è espressa tutta nei romanzi. Una poetica di attese, lontananza e tanto silenzio (non a caso “Il Silenzio” è il titolo del libro che Biamonti ha lasciato incompiuto e lo ha accompagnato nei mesi della malattia) quella di Biamonti, che tocca registri profondi: “Era sera sul mare. Un tordo solista aveva attaccato la liturgia del tramonto. Su un ulivo più in alto, fuori del tiro del fucile. L’andamento era calmo, con ghirigori di luce e note nascoste.”.
