A PROPOSITO DELL’ACCORDO RAGGIUNTO DALL’EUROGRUPPO
Non difendo a priori questo governo. Non ho competenze in economia tali da poter, come fanno molti qui che neppure ne hanno, sproloquiare e sentenziare in modoinappellabile sull’accordo di Bruxelles. Provo a farmi un’opinione sui testi ufficiali, i commenti pubblici, le rassegne stampa e i talk. Un paio di cose credo di saperle. L’accordo è un compromesso, udite udite, e mette assieme paesi, governi, economie e politiche diverse. Non esiste il bianco e il nero nella costruzione europea, nemmeno in circostanze drammaticamente eccezionali come le attuali. Il peso contrattuale dell’Italia questo è ed è il frutto dello stato dei nostri conti e della parabola dei nostri assetti politici. È figlio delle pagliacciate dell’era Berlusconi, del populismo irresponsabile e cialtronesco di Salvini, delle amnesie di Meloni. Personalmente credo che solo il primo governo Prodi-Ciampi-Napolitano-Dini conferì un’immagine di serietà e autorevolezza al nostro sciagurato paese. Ora il compromesso raggiunto permette di attingere al famigerato Mes per spese in ambito sanitario, e sappiamo quanto ci serva dopo decenni di tagli e disinvestimenti, senza altri vincoli e lascia aperta la strada per forme di finanziamento comune europeo, comunque le si chiami, per le quali si sono battuti Conte, Gualtieri, Gentiloni e Sassoli. È poco, troppo poco, è tanto? Discussione oziosa e autolesionista, a meno che non si cerchi, come i due campioni dell’aria fritta, di sfasciare tutto, di eccitare le piazze mentre gli italiani con compostezza fronteggiano una calamità spaventosa. Non oso pensare a quali esiti ci avrebbe portato, in casa e a Bruxelles, la presenza di Salvini e Meloni dei peggiori reazionari d’Europa nella cabina di comando.
