UNA MIGRAZIONE INVISIBILE
Ogni anno il calendario di madre natura prevede due eventi grandiosi uguali e contrari: la migrazione primaverile degli uccelli verso nord e, a fine estate, quella contraria verso sud. Non tutte le specie di uccelli migrano, lo fanno quelle che non riescono ad alimentarsi o riprodursi rimanendo per tutto l’anno nello stesso ambiente naturale. Chi vive in città, ma non solo, avverte il fenomeno quando un giorno d’inizio primavera, affacciandosi al balcone o alla finestra, vede sfrecciare davanti a se la sagoma di una rondine o di un rondone o di un balestruccio. E’ la migrazione.Particolarmente spettacolare lo è quella primaverile dei rapaci che nel nostro paese avviene soprattutto presso lo stretto di Messina dove transitano fino a 50.000 uccelli migratori e oltre. Altri passaggi migratori avvengono nello stretto di Gibilterra e al Bosforo. Sottoposti a una forte produzione ormonale e avvertendo i cambiamenti dei ritmi stagionali dovuti alla variazione della durata del giorno (fotoperiodo) gli uccelli rapaci, come del resto la restante avifauna migratrice, se ne partono dai luoghi di svernamento ripetendo le stesse rotte degli anni precedenti, frutto di una sofisticatissima selezione naturale dei percorsi geografici che consente agli uccelli di bruciare la minore energia. Sfruttando di giorno le correnti ascensionali presenti sui fianchi montani gli uccelli rapaci raggiungono in volteggio quote elevate per poi eseguire lunghissime scivolate rettilinee riuscendo così a percorrere, in tappe giornaliere, svariati chilometri attraversando anche tratti di mare, questi però in volo battuto per l’assenza di termiche sul mare.Ogni anno, a fine marzo, nella nostra penisola, come in gran parte dell’Europa, arriva un rapace migratore dall’Africa sub-sahariana: il Nibbio bruno. Di colore bruno uniforme, apertura alare che supera il metro e mezzo e una particolarissima coda forcuta, questo rapace ha abitudini gregarie tanto da formare vere e proprie colonie laddove le risorse alimentari sono abbondanti; diversamente lo si trova distribuito in coppie isolate. Come selezione per i propri ambienti riproduttivi predilige pianure e colline, meglio se vicini a specchi lacustri o corsi d’acqua, ma lo si può trovare anche a quote più elevate fino ai mille metri. E’ un rapace che si può definire opportunista, infatti, oltre che nutrirsi di micromammiferi (ratti, topi ecc..), insetti e pesci, è solito frequentare anche discariche di rifiuti, laddove presenti. Un esempio eclatante è stata la presenza della discarica di Malagrotta alle porte di Roma, chiusa nel 2014, che ha rappresentato per anni un vero e proprio supermercato per i nibbi bruni nidificanti nelle diverse colonie laziali poco distanti dalla capitale. E’ storia vecchia la collaborazione spontanea fra l’uomo e una parte della fauna selvatica. L’uomo crea, o meglio creava, discariche a cielo aperto e una moltitudine di uccelli, insieme a ratti e insetti, le utilizzano come veri e propri centri gratuiti di alimentazione. Tuttavia, nonostante la chiusura di Malagrotta, i nibbi bruni se la sono cavata lo stesso, modificando radicalmente le loro abitudini giornaliere e cioè andandosi a procacciare il cibo nei campi intorno ai boschi dove nidificano, l’unico prezzo inevitabile di questo drastico cambiamento è stato una sensibile diminuzione delle nascite. Meno cibo…meno figli.Di questi tempi nella Riserva statale del litorale romano, in particolare nella zona di Castel di Guido, le coppie di nibbi bruni rientrati dall’Africa riprendono possesso dei nidi su albero lasciati l’anno scorso. Molti di questi sono parzialmente crollati sotto le raffiche del vento invernale e i nibbi hanno un gran da fare a prendere rami secchi qua e là sul terreno per portarli poi in alto poco sotto le cime delle querce dove è posto il grande nido che presto ospiterà prima le uova, poi i pulcini e infine i giovani nuovi nibbi. Le coppie ritrovate eseguono vistosi voli nuziali nel cielo azzurro di aprile, lanciando richiami vocali che servono a rinsaldare il legame fra i partner. L’ambiente circostante brulica di margherite e asfodeli fioriti che emanano nell’aria il loro inconfondibile profumo amaro e le api fanno incetta del loro nettare.Questo spettacolo della nature è a noi invisibile perché costretti in casa per il covid-19. Che dire…in fondo, a ben riflettere, c’è una morale laica anche in questa catastrofe: la natura ci dà quello che ci meritiamo perché questo maledetto virus è la conseguenza di nostri comportamenti errati, nello specifico, pare, la macellazione di animali vivi selvatici in siti che è poco definire orribili, nell’Asia più sperduta.Riflettiamo bene mentre scontiamo questi giorni di prigionia…
