L’ITALIA DISUNITA DA CAVOUR AL COVID. COSÌ I LUMBARD IMPARANO

L’ITALIA DISUNITA DA CAVOUR AL COVID. COSÌ I LUMBARD IMPARANO

Non c’è pace: dopo il virus, si scatenano i cliché da stadio dei commentatori socio politici, e pure di quelli da Bar Sport. Oggetto: la Lombardia, e l’indomito e concreto spirito dei lombardi, sbeffeggiato da centro e da sud in queste ore di efficientissima pandemia da record. Tutti asserviti al soldo, i lombardi, da sempre e per di più desiderosi di ripartire costi quel che costi, compresa l’eventualità di andare a sbattere. Michele Serra su Repubblica delinea in un ponderoso auto da fé (“sono milanese anch’io”) il Volksgeist di un popolo, con profluvio di citazioni, che vanno grosso modo dalle 5 giornate al pragmatismo da galera di Salvini, Fontana e compagnia cantante. Altri, più modestamente, come Emiliano Rubbi (questo l’ho letto su Alganews) tirano i piedi nella tomba all’archetipo lombardo secondo i fratelli Vanzina, Guido Nicheli, il cumenda che pretende. Ma intanto sui social network trovate esempi di malcelata contentezza per il disastro lombardo, per il deragliamento della locomotiva d’Italia causa Cigno Nero, adatti a ogni fascia culturale e a ogni genere espressivo (si va dalla filosofia morale alla gara di rutti). Ma sì. Studiamo un po’ di storia e facciamo un po’ di cori, tanto sappiamo che l’Unita d’Italia non l’ha fatta Cavour e non la farà il Covid-19. L’altro ieri allo stadio di SanSiro, cioè mille anni fa, i tifosi di una squadra del nord invitavano i napoletani a lavarsi. Le mani? È arrivata oggi la punizione, il contrappasso. Ps: nella foto, la tomba di Nicheli, con su scritto il suo mantra See You Later