NON SONO MAI STATO COSI’ VICINO AL MONDO DELL’ASIA CENTRALE CHE VISITERO’ L’ANNO PROSSIMO
Tutti a chiedermi che fine abbia fatto Agatha Christie. Mah, non è che mi abbia dato molta confidenza. L’ho intravista di nuovo ieri sera mentre confabulava con il proprietario dell’Hotel Pars, Mr. Hassan, più o meno suo coetaneo. Come qui sono coetanei anche gli arredi, la stuoia fu-rosso che ricopre lussuosamente e polverosamente le scale, il cameriere tuttofare che ieri mi ha offerto il tè, l’impianto elettrico che arranca faticosamente dietro la modernità grazie al moltiplicarsi di doppie spine, messe a torre una sull’altra su un unico filo. È coetaneo anche il bagno, con cesso alla turca, di camera mia, il vecchio telefono con la ruota numerica, il.lampadario di cristallo e le apliques sul letto che non si accendono più. Agatha confabulava con Hassan e da alcune parole orecchiate e da alcuni nomi, Dargaz, Quchan, Ashqabad, ho capito che la vecchia ne sta già pensando un’altra delle sue: andare a nord, raggiungere la frontiera con il Turkmenistan, lasciare l’Iran e andare a inventarsi chissà cosa a Samarkanda. Non sono mai stato così vicino al mondo della grande Asia centrale. È ad un passo. E sono più prossimo a Cina e Mongolia di quanto non lo sia all’Italia. Ne sono attratto come da una calamita. Ma il mondo, che appartiene agli uomini, purtroppo è dominato dai poteri e non è semplice andare di là e poi tornare attraverso il Kazakhestan in un immenso arco che mi porterebbe a passare anche per Russia ed Ucraina. È un viaggio, tra l’altro, in cui bisogna stare bene attenti a non mettere piede in zone di guerra. Dunque rinuncio all’idea, ma solo per ora. Ho deciso che quella sarà la meta del prossimo anno, quando ne compirò settanta, e magari lascerò riposare la Poderosa che di anni ne ha 25 e di chilometri 580.000. Tanto ormai è appagata e non si offenderà di certo. Dunque, vada pure avanti Agatha, tanto la ritroverò. Succede così fra i viaggiatori del mondo, muovendosi lo fanno così piccolo che si ritrovano sempre.
