LA RESISTENZA DI UN NONNO ANCORA FASCISTA

LA RESISTENZA DI UN NONNO ANCORA FASCISTA

Vorrei anche io citare commoventi ed edificanti aneddoti di resistenza ma il mio, di nonno, è sempre rimasto coerentemente fascista, ed è anche passato orgogliosamente per Salò. Rimane l’unico fascista per cui nutro profondo rispetto anche a prescindere dalla parentela e dall’affetto, forse perché avendolo vissuto sulla propria pelle è l’unico che può coscientemente dire, senza scimmiottare, di preferire il fascismo ad altri sistemi politici, al netto di una visione del mondo opposta alla mia, e che ha scontato l’obbligo di diventare adulto (in guerra a 19 anni) molto prima di quando ho avuto il lusso di diventarlo io, con estrema calma. Mio nonno ha quasi 96 anni, una testa durissima, una senso della disciplina di tipo militare, una cura ormai estinta per le cose, un ermetismo e una rigidità valoriale pari solo alla sua sorprendente apertura mentale, un altruismo discreto e una quasi esagerata fiducia in se stesso; un amore (e un dolore) sconfinato, ancora intatto per la splendida donna in perfetta salute che lo ha reso improvvisamente vedovo 20 anni fa, un orecchio fuori uso da mezzo secolo a causa di un altro misterioso virus, due occhi che non funzionano più, una bocca che ormai non regge il ritmo dei pensieri, una memoria personale sempre vivida, quasi tangibile, che lo tiene in contatto costante col suo passato mentre snobba e rifiuta il presente; tante altre cose e diverse altre vite alle spalle. Al telefono con quella voce sempre più consumata mi ha appena cantato “bella ciao”, ovviamente con sarcasmo, ed il sarcasmo è rimasta la cifra principale della sua lucidità nei confronti della vecchiaia, di una vecchiaia mai accettata nella sua inesorabile capacità di limitarne l’autonomia, gli infiniti ma sudati spazi di manovra. Oggi non festeggia, anzi me lo immagino a ricordarsi di quando lo arrestarono gli inglesi proprio vicino a casa sua a Roma, sull’Aurelia, nei giorni in cui per i repubblichini andava in giro a mappare le comunicazioni di quello che riteneva il nemico, per poi imbattersi in una coppia che prima gli diede rifugio dopo che si era schiantato col paracadute in un campo e poi lo denunciò, avendo visto il contenuto del suo zaino. Me lo immagino da sempre alle prese con l’impossibilità di scindere (e di storicizzarlo) un periodo storico dalla sua esperienza personale, totalizzante, intima, che ne ha definito l’identità politica, culturale, valoriale, e lo ha indotto a legarla indissolubilmente alla propria dignità di uomo, anzi di bambino e poi di ragazzo. Me lo immagino a ricordarsi della fortuna di aver scampato per un pelo – complice l’8 settembre – l’annunciata condanna a morte. Il cui annullamento, comunque, mi ha permesso di raccontare questa cosa.Auguria tutti, anche a chi ha dovuto scegliere tra il rinnegare la propria vita e rinnegare il mondo in cui vive.Auguria tutti.