BARILLA. FONDAMENTALISMI A TAVOLA

BARILLA. FONDAMENTALISMI A TAVOLA

E’ scoppiata una tempesta, attorno alle dichiarazioni di Guido Barilla, la pubblicità e i suoi soggetti. Su Twitter, rapidamente,l’hashtag #boicottabarillaè diventato trendy, su facebook è battaglia, il sito dell’azienda è intasato di commenti. Tempeste in una terrina. So del potere delle campagne di boicottaggio, e per qualcuna tra esse (quelle contro i marchi corresponsabili delle stragi di delfini) ho simpatizzato senza aderirvi di fatto, per pigrizia, distrazione, fretta nell’acquisto.Mauna campagna impostata sulla correttezza politica mi spaventa.Ho sempre provato a comprare seguendo il criterio semplice del rapporto qualità/prezzo, e quanto alla pasta in genere scelgo altri marchi. Mi piace l’idea del chilometro zero, e della brevità della filiera produttore/consumatore, ma compro ogni tanto accattivato da un nome, o da un particolare della confezione. L e rare volte che ho fatto una scelta “politica” al negozio è stato per qualche prodotto equo e solidale, o frutto del lavoro in qualche carcere italiano. Mai, però, ho fatto spesa avendo in testa la correttezza politica. E, anzi, ho sempre considerato atteggiamenti ispirati a quella correttezza il sintomo di un’ossessione. Come quella per cui in un certo periodo nei Balcani non potevi ordinare la Karadjeordjeva – una bistecca impanata e imbottita – perché piatto tipico serbo, o al distinguo di quella mia vecchia amica, che faceva fotocopiare a mia madre l’ultima pagina di Panorama, quando vi teneva una rubrica Adriano Sofri, perché lei un settimanale di Berlusconi non l’avrebbe mai comprato.Ho sempre considerato queste cose come precetti di un’ideologia invadente. Se accetto, senza discuterli se non per la macellazione rituale e dolorosa, i precetti religiosi altrui, siano l’astensione dall’alcol o dal maiale, il rifiuto di mescolare carne e latte o il mangiar di magro, e rispetto come scelte personali i rigori dei vegani e d’altri, sopporto male l’invadenza dell’ideologia perfino a tavola.Come la pensa sulla pedofilia il Ceo dell’impresa che ha costruito la mia auto ? Non so, non mi interessa e mi basta che funzioni bene. Come vota il mio fruttivendolo ? Mi basta che sia gentile e onesto, e ben fornito. E i modelli della pubblicità?Non ho mai comprato un dopobarba perché la pubblicità mi suggeriva che fosse quello giusto per l’uomo che non deve chiedere. Certo, ci sono pubblicità che mi piacciono – quelle che sanno raccontare una storia, ad esempio quella virale thailandese – e altre che non mi piacciono e altre che mi sono indifferenti. Ma sono spot, non leggi, non discorsi del papa o del presidente. Già, la presidente della Camera che se la prende con la donna che serve a tavola. Quando andavo a trovare mia nonna a Napoli, e avevo un’età affamata, lei mi preparava un gran piatto di pasta. Non so che marca fosse, ma me lo serviva, si sedeva di fronte a me, mi guardava mangiare, e le scendeva qualche lacrima silenziosa, come per un amore trattenuto. Sì, la correttezza politica. Hanno tolto la figlia a una coppia che l’aveva concepita, e fatta, sia pure con l’aiuto della fecondazione artificiale, alla soglia dei sessant’anni. Tra le molte condivisibili considerazioni di una sentenza discutibile, il fatto che quel parto fosse un gesto egoistico, fatto senza pensare al futuro di una bimba con due genitori/nonni.Ma poi leggi di quell’assessore di Venezia che abolisce la dizione padre e madre in nome di genitori numerati e ti chiedi perché anche i due vecchietti non abbiano diritto alla loro felicità egoistica.E’ senza fine, la correttezza politica.