LE STORIE DELLA QUARANTENA: UN PRIMO MAGGIO ITALIANO
Alba. Prima del risveglio del sole. Buio che non è più notte e fa rotta verso un nuovo giorno coi colori che vorrà Dio, la natura o gli umori del cuore di ciascun essere umano . Una villa immensa, immersa dentro un parco verde. Un uomo guarda fuori dalla finestra aperta dello studio. I profumi che giungono alle sue narici sono intensi. Ama quelle ore. Sono i momenti in cui il silenzio gli è stato sempre alleato per fare conti, ordinazioni, lettere. La mente dopo il riposo notturno è vigile, attenta, reattiva. E le sue albe gli avevano dato infinite soddisfazioni. Una almeno per ogni rischio assunto. Fare impresa è un’ arte. Plasmare mezzi e uomini per condurli al sogno prefissato. Il Profitto? Cosa ne sanno? Il profitto non è solo denaro. Quella di chiama ” profittazione”. Fare impresa come diceva lui significava giocarsi a testa o croce la Vita. Investire. Rischiare. Amare i suoi dipendenti perché solo la squadra poteva condurre al successo. Lui era solo il bomber. Senza terzini, mediani , libero e portiere non avrebbe mai raggiunto le vette. Le vette. Tante. Luminose . Scintillanti. Le discese almeno pari. La discesa… Lascia la finestra, il foglio l’ attende, il Golgota freme… ” Cari amori miei,vi scrivo nel momento del giorno che amo di più. Proprio a sottolineare i miei amori più grandi. Ho sempre trovato soluzioni in queste ore di preludio a giornate frenetiche vissute con onore e con impegno. Da mesi, ormai, non ne trovo più. Ovunque volga il mio sguardo non trovo l’ alba delle soluzioni ad attendermi ma il buio pesto dell’ incertezza e dell’ impossibilità. Ho cercato di essere retto e corretto. Di onorare debiti ed impegni. Di rispettare lo Stato pagando le tasse anche quando mi ha strozzato, quando mi ha istigato a chiedere aiuto a chi avrebbe risollevato le sorti di questa impresa al costo della mia e della vostra dignità. Ho cercato di salvare sempre lo stipendio dei dipendenti sapendo che non era il corrispettivo per una fatica, ma il dividendo di un Sogno raggiunto insieme.Cari amori miei, ho sottratto tempo a voi e ai vostri sorrisi affinché il sorriso fosse più ampio e per più persone che viaggiavano su questa nave fiduciosi nel loro capitano. Cari amori miei, un’onda più potente delle altre mi ha travolto. Non trovo un legno per aggrapparmi. Un legno che mi consenta di salvare la mia dignità. Cari amori miei… perdonate. Ho vissuto per come ho creduto…anche adesso che vado via mentre vi abbraccio , mentre con serenità dico alla Vita: ho giocato a testa o croce nel mio sogno italiano. Ho perso…tutto” Un appartamentino nella periferia di una città. Un uomo stringe fra le mani che gli tremano un po’, una tazza di latte caldo. Ha il rimorso di avere aperto quella confezione che proprio il giorno prima la Caritas aveva portato a casa sua assieme ai buoni per la spesa. Una boccata di ossigeno in un momento di crisi frustrante. Pandemia. Lavoro perso. Lavoro nero perso, si corregge con amarezza. Osserva il mondo fuori. Prima della emergenza virus lo guardava poco. Non ne aveva il tempo. La sua vita lavorativa iniziava quando gli altri ancora dormivano. La ripresa? Forse per tanti. Non per lui.. Cinquant’ anni. Due figli a cui non potrà offrire neppure l’ istruzione. Dovranno aspettare i sussidi, dovranno burocratizzare le loro menti per chiedere, sbrogliare matasse e rivendicare i diritti dei poveri. Come lui. Quel buio non si dipana. Ormai è dentro di lui. ” Cari amori miei. Vi scrivo per dirvi di questo amore e voi leggerete quando resterà solo questo foglio a ricordare di un uomo perdente che ha fatto di tutto per riscattarsi, per riscattarvi. Tutto tranne che rubare. Eppure a lui hanno rubato ogni cosa, persino il desiderio di riabbracciarvi Domani. Sento Giorgio ripetere per la scuola l’ art. 3 della Costituzione. Tutti uguali. Tutti uguali. Dio solo sa quanto ho voluto fosse così. Ma lui ripete e io piango e le mie lacrime non mi dissetano più. Ho bisogno di Verità. Sento Marco stanco la sera dopo ore e ore e ore di call center. Le sue miserie sulle miserie di altra gente. Cari amori miei, amori forti, più forti di me. Ho creduto in quell’ art 3 della Costituzione e nel 4 e nel 36 e nel 38. Ho perso … tutto” Che odore ha la morte? Che sapore ha la morte? Che colore ha la morte? Tremano le mani con le dita chiuse su quell’ arma languida, invitante, solutrice sulla scrivania, sul cuore. Quanto è carico il Buio. Che fardello porta con sé ! Una stanzetta bianca. Odore acre di disinfettante. Un tempo infinito a indossare una bardatura protettiva. Guanti. Mascherina. Casco con vetro. Guarda fuori dalla grande finestra. Un nuovo turno. Una nuova incognita. Un nuovo duello. Ne strapperà alla morte? Allevierà sofferenze? Saprà dire un addio? ” Cari amori miei, anche oggi sono in trincea. In questa guerra del prendere e del dare. Di un sogno antico, la breve eternità di guarire da un male. Ho giurato da Cavaliere. Difendere i deboli a costo della vita. Durlindana mi proteggerà?Cari amori miei, vi penso mentre un uomo chiede dei suoi figli, vi penso mentre una donna intubata vuole rivedere il cielo, vi penso mentre maledico e benedico le mie mani, mentre portano sollievo,mentre chiudono per sempre occhi spenti. Vi penso e combatto per non farvi dire domani : ho perso…. tutto” Tremano le mani chiuse su quella siringa, arma di Vita. Un raggio, poi un altro, un altro ancora. Colpisce l’ arma. Alzano gli occhi pieni di pianto gli uomini alla finestra in quell’ alba disperata o di speranza di un primo maggio italiano. Lei appare. È bellissima. Indossa una corazza. Bianca. Rossa. Verde. Si avvicina ad ognuno di loro. Prende le loro armi . Li carezza.Vi difendo io. Oggi. Domani. Risorgeremo. In nome della Vita e del Lavoro. Parola di Costituzione.
