VERTICE PARIGINO SUI MIGRANTI: GUERRIGLIA DIPLOMATICA NELLA FORTEZZA EUROPA

VERTICE PARIGINO SUI MIGRANTI: GUERRIGLIA DIPLOMATICA NELLA FORTEZZA EUROPA

A pochi minuti dalla fine del summit di Parigi è possibile tirare qualche conclusione, separando le questioni diplomatiche da quelle umanitarie. Le prime vedono le schermaglie tra le diplomazie dei paesi europei, animate da sentimenti reciproci sotterranei spesso spigolosi.Le seconde invece mettono in primo piano la volontà dei paesi europei presenti a Parigi (Italia, Francia, Germania e Spagna) di porre freno all’ondata di migrazioni forzate di provenienza africana, trovando accordi con i governi a sud del Mediterraneo, dalla Libia di Serraj giù giù fino a Chad e Niger; accordi nei quali l’attenzione umanitaria nei confronti dei migranti a fatica si concilia con gli interessi politici di chi vede nella linea dura una fonte sicura di successo elettorale. Per certo la prima battaglia, quella sul terreno diplomatico, si era aperta con un a fondo della Merkel che poneva in risalto il sostanziale fallimento della diplomazia francese, che con i suoi effetti speciali, quali l’incontro parigino tra Serraj e Haftar aveva riportato a casa solo una foto nella quale i protagonisti sorridono senza guardarsi. Pronti a litigare appena finita la stretta di mano e comunque, nel caso di Haftar, più attento alla sponda moscovita che a quella parigina. Angela Merkel nelle premesse, aveva rincarato la dose. Ipotesi della revisione degli accordi di Dublino, troppo penalizzanti i paesi di prima accoglienza come Italia e Grecia e difesa delle politiche di accoglienza, selettiva ma massiccia, operate a suo tempo da Berlino, a causa delle quali aveva ricevuto in patria ”infamanti” accuse di buonismo. Sullo sfondo una operazione tipo chiusura della rotta dei Balcani, che è valsa la riduzione di oltre la metà del flusso dalla Turchia alla Mitteleuropa in un anno. Il replay dell’operazione nel Mediterraneo conferiva centralità all’Italia e relegava il recalcitrante Macron, pronto solo a recitare la parte di un Salvini o di un Orban di seconda mano, a figura di secondo piano. Alla fine del summit, stando ai primi resoconti, Macron avrebbe limitato le perdite.Angela avrebbe riconosciuto, come perorato da Macron, che non tutti i migranti avrebbero diritto all’asilo e Gentiloni avrebbe citato il ruolo dei militari europei nel concertare coi paesi a sud della Libia, presenti a Parigi, (Chad e Niger) il filtraggio dei profughi. Per chi non lo sapesse il punto di forza attuale della diplomazia francese sono la bomba atomica e la presenza di truppe a sud della Libia.Della revisione di Dublino nessun cenno. A dimostrare che la partita è appena incominciata e che se tutto va bene gli incontri si susseguiranno (unico contributo metodologico di Rajoy alla discussione). Altro discorso per quello che riguarda la dimensione umanitaria del problema. Qui la disponibilità al condividere l’approccio italiano fa costante riferimento alla linea dura portata avanti nei tempi recenti dal Viminale.Stretta contro le Ong e avallo dei dubbi nei loro confronti. Necessità inderogabile di limitare i flussi. Modalità abbastanza generiche di difendere la “Fortezza Europa” sul versante Mediterraneo dando fiducia alla non raccomandabile Guarda costiera libica, sospetta di collusione con gli scafisti ben più delle Ong, o ai/ai governi di Tripoli e Bengasi sulle cui credenziali umanitarie non molti sono disposti a giocarsi un centesimo.Infine sottolineatura del ruolo dei governi del Chad e del Niger. Geograficamente inevitabile, se si pensa alla collocazione dei paesi, tra la Libia e i luoghi di partenza di buona parte dei profughi africani, ma politicamente suscettibile degli stessi dubbi che si riferiscono oggi ai filtri effettuati da Erdogan, con la chiusura della rotta dei Balcani.Molti soldi in cambio di zerovirgola umanità.Assente o quasi quel termine che avrebbe quanto meno ammorbidito i timori atroci sulla sorte dei profughi filtrati o comunque in lista di attesa, mentre percorrono i cammini della loro speranza.Solo qualche riferimento al ruolo delle Nazioni Unite e dell’Unhcr nella gestione dei campi nei quali verrebbero accolte centinaia di migliaia di profughi in drammatica attesa: tra il respingimento e lo smistamento verso qualche angolo di una non troppo accogliente Europa.Che questi paesi, lautamente ricompensati, debbano contraccambiare con una cessione di sovranità a chi, ben più di loro, possa farsi garante dell’incolumità e di un trattamento umano dei profughi è solo una nostra speranza, accampata nell’illusione di un’etica sopravvissuta alla violenza dei tempi. Dai resoconti di Parigi garanzie in tal senso, ne emergono ben poche. Forse ai protagonisti dell’incontro, premevano maggiormente le questioni di supremazia diplomatica che volano alto. Mentre i profughi sono costretti a strisciare sulla sabbia o a navigare a pelo d’acqua.