PERCHE’ NON CREDO ALLA VERSIONE DI UN PPP UCCISO PER RAGIONI POLITICHE

42 anni fa l’Italia di sinistra, ma non solo, rimaneva scioccata dalla notizia dell’assassinio di Pier Paolo Pasolini. Io non ne parliamo. Lo seguivo con molto interesse da sempre. Vedevo tutti isuoi fil, mi bevevo tutti i suoi articoli, interviste, presenze nei dibattiti.Per mesi, anni, abbiamo discusso di quella fine: è la morte classica di un gay, no, di un intellettuale scomodo, no, se l’è cercata e via così. Poi quella figura del minorenne accusato di omicidio, Pino Pelosi, che bastava vederlo per comprendere che sì, era il tipo di ragazzo adorato dal lui.Non ho mai creduto alla tesi dell’omicidio politico. Scriveva verità scomode, era odiato dalla destra e da buona parte dei cattolici, è vero, ma lo avevano sempre combattutto con mezzi legali, torturandolo per tutta la vita con i processi, da cui veniva peraltro regolarmente assolto, ma dopo anni di ansia, perché non si sa mai come va a finire in un tribunale. Una condanna avrebbe potuto metterlo in cattiva luce, in difficoltà col suo lavoro di regista e nei rapporto coi produttori, sempre trascinati in aula insieme a lui.Non solo. Le verità scomode, raccolte poi negli Scritti corsari, in realtà erano gridate in tutte le piazze da anni. Riguardo le vicende poi narrate in “Petrolio”, i complotti più o meno credibili contro l’Eni di Mattei, etc. va detto che Pasolini non era un giornalista, era scittore e poeta, ma non era professionalmente preparato per seguire vicende tanto lugubri e complesse. Sembra sia rimasto colpito da un po’ di narrazione complottista, che in quegli anni, come oggi, come sempre, non mancava mai. Ma un bravo giornalista lo capisce a colpo d’occhio se una notizia o un diario è credibile o meno.L’assassino, Pino Pelosi, pochi anni prima di lasciare anche lui questo mondo, in un libro ha sostenuto di non essere stato lui a uccidere lo scrittore, che anzi gli era amico, si frequentavano, presumibilmente riceveva dei bei soldini, e prima o poi lo avrebbe fatto recitare in qualche suo film, come il regista gli aveva promesso e usava spesso fare con gente di popolo, soprattutto se ragazzi belli come lui, mostrati senza veli. Era il suo immaginario erotico.La seconda versione di Pelosi, tuttavia, non è convincente. Se fosse stato ucciso da un gruppo di picchiatori, bisognerebbe comprendere il movente di un delitto tanto grave. E questo manca assolutamente. Non solo. Se fosse stato deliberatamente aggredito da un gruppo per ragioni politiche, quantomeno lo Scrittore si sarebbe accorto di essere inseguito, nel lungo tragitto da Roma a Ostia. Pelosi non l’ha mai ammesso, ma rubava le macchine e le portava in una carrozzeria di sua conoscenza per “cannibalizzarla”; qui sono davvero mancate le indagini.Il ragazzo viene ritrovato alla guida del GT rubato a Pasolini, che aveva ucciso non per volontà ma per distrazione, dopo averlo aggredito all’improvviso e passandogli sopra con la macchina in un momento emotivamente pesante, senza nemmeno accorgersene, trovandosi in un’area totalmente buia. Lo schiacchiamento fu infatti la causa della morte. Non tanto le percosse. Pelosi, in effetti, non aveva alcun bisogno di ucciderlo. Per qualche ragione aveva deciso di porre fine all’amicizia con l’intellettuale, probabilmente perché i suoi amici (sicuramente sapevano della relazione, vedevano il Pelosi entrare nel GT), non mancavano di sfotterlo. Pelosi sapeva che essendo minorenne, se fosse stato denunciato per il furto, avrebbe fatto passare in grossissimo guaio a Pasolini, ben peggiore di qualche percossa e del furto di un’autovettura. Qualora fosse stato denunciato dalla vittima, quest’ultima avrebbe rischiato l’arresto immediato.