LA LEGGE ELETTORALE DI CUI NON SI È CAPITO NULLA

LA LEGGE ELETTORALE DI CUI NON SI È CAPITO NULLA

Siccome nessuno o quasi ha capito nulla di questa legge elettorale, proviamo a spiegarla nel modo più semplice possibile. Si chiama “Rosatellum”, dal nome del capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato. L’hanno votata tutti i partiti, tranne i 5 Stelle, Art. 1-Mdp e Sinistra italiana-Possibile (confluiti successivamente questi ultimi due in Liberi e Uguali sotto la leadership di Pietro Grasso). L’Italia è stata divisa in collegi: uninominali e plurinominali. Un terzo dei seggi sarà assegnato tramite i collegi uninominali: ovvero quelli dove c’è lo scontro diretto fra i candidati. Vince chi prende anche un solo voto in più degli altri. E’ il cosiddetto sistema maggioritario: va in Parlamento chi ottiene la maggioranza. Gli altri sono fuori, a meno che, come spieghiamo dopo, non siano candidati anche nei collegi plurinominali. I due terzi dei seggi, infatti, verranno assegnati col metodo proporzionale nei collegi plurinominali, i cui confini geografici non sono identici a quelli uninominali, ma più vasti. Ogni partito o coalizione ha la sua lista di candidati e otterrà un numero di parlamentari in proporzione ai voti ottenuti su base nazionale. Il sistema è uguale sia per la Camera che per il Senato. Perché molti candidati sono presenti sia nei collegi uninominali che in quelli plurinominali? Perché la legge prevede la possibilità di essere candidati in entrambi i collegi. Ma se lo stesso candidato non può stare in due diversi collegi uninominali, nella quota proporzionale sono ammesse le pluricandidature: ogni candidato può presentarsi in cinque collegi plurinominali differenti. Quindi ci si può candidare, per esempio, nel collegio uninominale di Lucca e contemporaneamente nei collegi plurinominali di Vattelapesca fino a un massimo di cinque. E questo è il modo più sicuro per entrare in Parlamento: se perdi nell’uninominale, puoi sempre contare sull’elezione in uno dei collegi plurinominali dove sei candidato. Ma, attenzione, vale l’ordine di presentazione dei candidati nelle varie liste. Se il capolista ha praticamente già in tasca il biglietto per i palazzi romani, non è così per i successivi in graduatoria. Tutto dipende, per chi è secondo, terzo o quarto, dai voti che prenderà il partito o la coalizione di riferimento e quindi quanti seggi gli verranno assegnati in Parlamento. Non è possibile il voto disgiunto. Non si può votare per un candidato e contemporaneamente per una lista che sostiene un altro candidato. Quindi scordatevi di dare il voto al vostro amico perché gli volete bene e contemporaneamente votare un altro partito. Le schede verrebbero annullate. Due segni sulla scheda elettorale si possono fare, ma all’interno del partito o coalizione scelti: per barrare il nome del candidato al collegio uninominale e per scegliere una delle liste che lo appoggiano. Nel proporzionale non sono ammesse le preferenze. Le liste dei candidati del proporzionale sono bloccate. Sulla scheda elettorale troverete, nello spazio apposito, da due a quattro nomi. Non si può indicare una preferenza. Sarà eletto, come detto, in automatico il capolista e, a seconda dei voti ricevuti dal partito e quindi dei seggi disponibili, anche i successivi. Per capire meglio come si voterà, guardate in foto il facsimile della scheda che troverete nelle urne. Il candidato del collegio uninominale è scritto bene in grande in alto. Se lo volete, barrate sul suo nome. E potete mettere una X anche su una delle liste che lo sostengono. O nel caso di partito unico, sul simbolo del suo partito. Oppure potete limitarvi a barrare il simbolo del suo partito o, nel caso di coalizioni, di uno dei partiti alleati. L’importante, pena annullamento del voto, è non mettere mai più di due segni sulla scheda ed entrambi devono essere all’interno della stessa area della scheda elettorale. Sotto ai nomi scritti in grande dei candidati troverete, accanto ai simboli del partito, una lista da due a quattro nomi scritti in formato più piccolo. Mai barrare su questi nomi perché sono i listini bloccati del proporzionale (i collegi plurinominali), altrimenti il voto viene annullato. Dovete barrare, come detto, in queste caselle solo il simbolo del partito che intendete votare. Per il Senato si vota solo se si ha 25 anni. Ormai è talmente paradossale che forse non lo ricordate. Per il Senato può votare solo chi ha già compiuto 25 anni. Lo dice la Costituzione, articolo 58, e questo sbarramento, seppur giustificato 70 anni fa, è, ormai, un’incredibile discriminazione di cui nessuno si occupa. I pieni diritti elettorali sono negati in Italia a quattro milioni e mezzo di cittadini. Siamo l’unico paese al mondo in cui è così. Cerchiamo il voto dei giovani e poi glielo neghiamo.