SONO IN UNA CITTA’ DOVE LE SERE SI RIEMPIONO DI PERSONE CHE SI INCONTRANO

SONO IN UNA CITTA’ DOVE LE SERE SI RIEMPIONO DI PERSONE CHE SI INCONTRANO

Domani mattina parto per raggiungere Nai’n, città si margini del deserto. Da lì prenderò la strada che si addentra nel Dasht e Kavir, passando per Tabas e poi portandomi verso nord est.Oggi ho cambiato cento euro. In albergo il cambio era 65.000 real per 1 euro. Per strada ho cambiato a 75.000.Vicino al bazar un giovane fotografo che assieme a un altro con cavalletto si aggirava per fare un fotoservizio mi ha chiesto se potevo essere fotografato. Ero seduto con il mio berretto kurdo in testa, che io tengo bagnato di modo che il processo di evaporazione mi rinfreschi il cervello. Evidentemente ero piuttosto caratteristico. Naturalmente ho detto di sì. Chissà che non mi troviate domani in uno dei depliant illustrativi della città.Comunque la si pensi credo che qualsiasi luogo, qualsiasi cultura, abbia qualcosa da cui possiamo imparare. Questo vale di sicuro per l”Italia ma anche qui. Una cosa che mi ha colpito è il modo con cui la gente alla sera si impadronisca della città. Tutti escono di casa e distendono stuoie e tovaglie nei giardini e nelle piazze, anche quella dell’Imam. Intere famiglie si portano appresso palle per giocare e pignatte piene di cibo e tutti mangiano e riposano all’aperto fino alle ore più tarde. Le fontane diventano un gradito spazio di gioco per i bambini, ma anche le ragazze a volte si addentrano fra gli spruzzi rischiando spavaldamente quell’effetto “chadorino bagnato” che già avevo notato con stupore anni addietro a Tehran. Inutile dire che gli ejiab scendono e salgono in continuazione. Ma è questo uso popolare della città che mi ha colpito, come se a Roma piazza Navona e villa Borghese fossero luogo di picnic e svago. Ma comunque tutto resta pulito, nessuno danneggia le piante. Peraltro in un Paese dove le pecore abbondano non ci sono pecore a brucare l’erba in città, le aiuole sono curate e i fiori le abbelliscono in abbondanza.Questa appartenenza della città ai suoi cittadini mi ha fatto tornare alla mente di quando io, per comprare un pezzo di ferro, mi recavo al bottegone di “Calò metalli” a piazza Navona, o per acquistare una molla per il divano bussavo al portone di un altro magazzino a piazza Farnese. Per me quelli erano i resti, preziosi, di un più vasto e ormai estinto deposito culturale.