PARLANDO DI SAN FRANCESCO CON UN MULLAH VICINO ALLA TOMBA DELL’IMAM REZA

PARLANDO DI SAN FRANCESCO CON UN MULLAH VICINO ALLA TOMBA DELL’IMAM REZA

Immaginate me che all’interno del luogo più santo degli sciiti iraniani spiego a un mullah chi è San Francesco. Lui: “Sanfrancisco?”. Io: “Aspetta che te lo scrivo va’…”. E poi gli racconto di fratello sole e di sorella luna. È andata così la mia prima giornata a Mashad. Io che mi sono mescolato ai pellegrini musulmani fino ad arrivare a toccare la tomba dell’imam Reza. Veramente un non credente nell’Islam non ci dovrebbe arrivare, ma forse il mio copricapo kurdo . O piuttosto diciamo che non è vero che siano poi così tanto escludenti questi sciiti iraniani. La prova la ho avuta quando mi sono rivelato: ho visto un cartello che diceva in inglese che i pellegrini stranieri (foreign) dovevano essere accolti con tutti i favori possibili, compresi i biglietti gratis per i musei. Dunque io: “Excuse me, where is the museum?”. Due minuti dopo ero accomodato in poltrona con uno che mi portava un vassoio con bibite varie e biscotti. Mi hanno fatto riempire un modulo in cui fra le varie cose c’era scritto perché ero lì: a) perché credente b) perché turista c) per altri motivi. Io ho scelto e ci ho scritto: cultura. Poi una domanda mi chiedeva cosa mi avesse colpito di più: a) l’architettura b) il patrimonio artistico c) altro. Ho scelto anche qui la terza opzione e ho scritto: il popolo dei fedeli.È sconvolgente quel che accade dentro questa cittadella di cupole d’oro e di minareti. Una volta passati i controlli col metaldetector (e ahimè aver consegnato la macchina fotografica) uno si trova a camminare nella preghiera, ci inciampi nella preghiera, perché la preghiera è ovunque, sotto le volte, di fuori, nel corridoio pieno di specchi dove cammini, davanti ai bagni, accanto a quello che dorme, davanti a quello che si fa il selfie, la preghiera è un gesto capillare e di tutti, in ogni angolo, con le cuffiette o con il Corano, come tu vuoi. Basta che preghi. Poi c’è la tomba di Reza e lì la preghiera suda, si squaglia, piange a volte, diventa gesto, bacio, carezza, fronti che si appoggiano al muro, baci a ogni pietra, alla porta, alla maniglia, bambini alzati sulle braccia distese del padre, bambini che stanno accanto al padre in lacrime, qualcuno che ogni tanto lancia un grido ad Allah.Glielo ho detto al mullah: “Devi andare alla tomba di San Francesco, non a Sanfrancisco eh, bada bene. S a n F r a n c e s c o”. E lui: “Interesting, very interesting”. Insomma, dopo il capo della polizia se ora vi serve anche un appoggio del clero…. Poi alla fine della chiacchierata uno si offre di illustrarmi tutto ciò che volessi. Io rinvio a domani, sono troppo stanco, in mattinata mi ero fatto gli ultimi 250 km di deserto da Gonabad. Allora lui mi accompagna a riprendere la macchina fotografica e mentre camminiamo mi fa: “Che lavoro fai il Italia?”. Io: “I’m retired” (che goduria). Lui insiste: “Ma prima?”. E io: I was a teacher, italian language and italian literature”. E allora lui: “Anche io sono un insegnante!”. Poi: “Quante lettere ha l’alfabeto italiano?”. Azzz….io le uso le lettere mica mi sono mai messo a contarle. Ma certo non potevo dire di non saperlo. Ho risposto 18. Lui: “Solo? L’inglese ne ha 32”. Io: “Ma noi non abbiamo la w, la y, la k…..”. Allah mi perdoni.