DIVAGHESCION SU UN MONDO, QUELLO VIRTUALE, CHE FINO A QUALCHE ANNO FA NON ESISTEVA
Apro Fb sulla solita domanda: a cosa stai pensando? Tutto sommato la trovo una insolenza, una di quelle cose a cui a Roma si risponde che so’ cazzi mia, scusate il francesismo. E poi sono così tante le cose a cui si pensa che uno se si mette a scriverle non ha più tempo per pensare. Forse anche a questo serve Fb, a non pensare più? Boh. Ma non è che andando in giro, anche senza un tablet per mediare la realtà, si trova tanto pensiero eh. Oppure già avviene il contrario? Cioè che mentre prima il pensiero nasceva dai fatti della vita per depositarsi poi in discorsi, in riflessioni scritte, i confronti con gli altri, ora con Fb e Tweet e via scrivendo noi ci affacciamo alla realtà con tante cose già scritte da riversarle sopra? Per cui tutto il vero può essere messo in discussione perché siamo offuscati dal vero virtuale? Può essere che il giallo di un girasole possa rinascere come verde in Internet, o come viola, o come un colore che ancora deve essere virtualmente denominato? Una cosa che mi affascina e che normalmente sfugge è che noi ci muoviamo, in ogni cosa, in ogni momento che non sia strettamente biologico, in un oceano di convenzioni. Anche ora che scrivo mi affido alla convenzione di un vocabolario, anzi addirittura di un alfabeto, per raggiungere qualcuno con le mie parole e per rileggere me stesso, domani o dopo. Mi affido al fatto che per dire che leggo scrivo io leggo e che per dire vado scrivo io vado. Sembra una cosa elementare ma non lo è affatto e la prima prova, a portata di chiunque, sta nelle differenze linguistiche. Se ci spostiamo in un’altra parte del mondo scopriamo che per dire giallo la convenzione locale è differente dalla nostra: yellow nel mondo anglosassone, gelb in tedesco, sariq in uzbeco. E già questo basta per intuire quanto sia importante conoscere e capire il mondo prima di parlarne. Ma il rischio è che oggi non riusciamo più nemmeno a capirci fra di noi. Il rischio è l’ignoranza, una ignoranza nuova, con cui non abbiamo mai fatto i conti, verso cui non abbiamo anticorpi. L’ignoranza che viene da un mondo che fino a qualche anno fa non esisteva, quello virtuale, per cui le parole non mediano più solo una realtà – la realtà – ma, sempre più spesso, mediano una realtà concorrente, virtuale, che ha la prepotenza del nuovo, del giovane, di una equivoca rivoluzionarietà. E questa ignoranza a me fa paura. Se oggi qualcuno si aggruma per affermare in Internet che respirare fa male c’è da scommetterci che nascerà il movimento No-respiro. E’ un paradosso ma più volte, ahimè, ci siamo andati vicino, basti pensare ai siti che sostengono e promuovono l’anoressia. Ma senza andare lontano e in cose complicate l’altro giorno un amico a proposito del crollo del ponte di Genova mi diceva: stavolta la penso come Salvini. Cioè? ho chiesto io. Cioè che ora qualcuno la dovrà pagare! Magia: una regola vecchia come il mondo, cioè che i colpevoli di qualche fatto poi la devono scontare in risarcimenti e in anni di galera, veniva scoperta come nuova perché la diceva l’ultimo miserabile attore della nostra Storia. E allora, tanto per essere ancora più rivoluzionario, m’è venuta voglia di dirgli: belli i tuoi capelli biondi. Lui è moro.
