L’EX SPIN DOCTOR DI TRUMP ALLA CONQUISTA DEL VECCHIO CONTINENTE. L’ULTIMA FAVOLA PER SPAVENTARE I BAMBINI

DI FULVIO SCAGLIONE«Finisci la minestra, sennò chiamo Steve Bannon!». Non ci siamo ancora ma da qui a maggio 2019, mese delle rose, del culto mariano e delle cruciali elezioni europee, c’è il tempo sufficiente a trasformare lo spin doctordella campagna elettorale di Donald Trump, rapidamente epurato una volta raggiunta la Casa Bianca, nel re di tutti i babau, nell’uomo nero più nero che c’è. Certo, l’idea di arruolarlo ai vertici dell’Istituto “Dignitatis Humanae”, fondato nel 2008 e operante da Roma dal 2011, e di fargli corsi di formazione per una classe dirigente cattolica orientata “a destra”, è un tocco da maestro nella costruzione del mito. Il consiglio consultivo del prestigioso Istituto è presieduto da sua eminenza Raymond Leo Burke, considerato uno dei cardinali più conservatori della Chiesa cattolica e in ogni caso uno degli autori (con gli altri cardinali Caffarra, Brandmueller e Meisner) dei Dubia fortemente critici, alle soglie dell’obiezione di coscienza, nei confronti dell’Esortazione apostolica “Amoris Laetitia” in cui papa Francesco apriva alla comunione per i divorziati risposati. Più che sufficiente, in un mondo che l’idea sul Vaticano e sulla Chiesa se la fa attraverso i romanzi di Dan Brown, per disperdere un sulfureo aroma di diavolo immerso nell’acqua santa, evocare congiurati in tonaca e piani segreti per mutare le sorti del cattolicesimo, e infine trascurare il piccolo fatto che la Chiesa è abituata a deglutire e digerire personaggi (tra i quali molti Papi) ai quali dieci Bannon non farebbero il solletico.Ma non importa, non stiamo a sottilizzare. Bannon, come si sa, si sta trasferendo nella vecchia Europa con il fiero proposito di consegnarla alle destre populiste. Ha incontrato Salvini, ha visto l’ex protagonista della Brexit Nigel Farage, è in contatto con Marine Le Pen, s’intende bene con Orban e la sua idea di Ungheria, ha spalancato le braccia a Mischael Mondrikamen del Partito popolare del Belgio, va d’accordo con Filip Dewinter dei nazionalisti fiamminghi, adora Jimmi Akesson dei Democratici svedesi. Tutti prima o poi da infilare in The Movement, la “cosa” inventata da Bannon che punta a federare i diversi movimenti europei e a dar loro una base organizzativa comune.Sia detto senza ironia o spregio: The Movement somiglia un po’, nella filosofia, ad Al Qaeda. Che in arabo vuol dire “la base” e che Osama bin Laden aveva concepito proprio come un hub che distribuisse principi e direttive a gruppi poi capaci di colpire in autonomia. Bannon ha sempre detto di essere sconcertato dal fatto che così tanti partiti e movimenti che, in Europa, condividono idee simili o assimilabili non abbiano mai provato a unire gli sforzi. E di essere soprattutto stupito per i risultati che in alcuni Paesi sono stati ottenuti (nel Regno Unito con la Brexit, in Italia con il successo della Lega Nord) con investimenti ridotti. E si è detto: chissà dove arriverebbero, questi signori della destra nazionalista e populista, se avessero qualcuno che gli dà i sondaggi giusti, distribuisce le parole d’ordine, li aiuta a spendere meglio fondi più abbondanti. E giù con l’obiettivo: un bel 30% di parlamentari nazionalisti e populisti nel prossimo Parlamento europeo, così da condizionare la vita politica dell’intera Unione. Altro che uomo nero…