DIRITTI SOCIALI E DIRITTI CIVILI: SI RITORNA SEMPRE INDIETRO AI SETTANTA
Oggi, i nostri anni Settanta godono cattiva fama. Sono gli anni di piombo, di una demenza omicida, espressione estrema di una specie di disordine mentale collettivo.Pure quegli anni sono stati, tanto per cominciare, gli anni del divorzio e dell’aborto; una grande conquista civile, sancita, a grande maggioranza, dal voto popolare. Un’anomalia, in linea di principio; ma presto confiscata dalla leggenda radicale. Che vede Pannella, Bonino con il contorno di alcuni socialisti-radicali unici protagonisti della battaglia e della vittoria senza anzi contro dirigenze politiche di sinistra sorde al problema anche perché impelagate nel consociativismo e di bassi interessi materiali.Personalmente tenderei a pensare che quella come altre vittorie di quegli vadano ascritte al merito della sinistra e del popolo italiano.E parlo di un decennio che ha portato, non solo il divorzio e l’aborto, ma anche a una serie di altre importanti conquiste. Citando alla rinfusa: statuto dei lavoratori e riforma del diritto familiare, servizio sanitario nazionale e riforma delle carceri, equo canone e abolizione dei manicomi, punto unico di scala mobile e riforma della polizia. E potremmo continuare.Perché tirare in ballo gli anni Settanta? In primo luogo per ricordare ai riformisti in spe di oggi che fu proprio in quel decennio che, attraverso riforme reali, i diritti civili e sociali del popolo italiani raggiunsero il loro livello più alto. E poi, e soprattutto, che le conquiste in materia marciarono di pari passo. Senza che a nessuno venisse in mente di separare le une dalle altre.E allora la distinzione anzi la contrapposizione tra diritti civili e diritti sociali è recente. Ed è il frutto delle scelte dei governi; e della visione del mondo e delle cose che le hanno determinate.La sinistra del passato aveva ben chiara la distinzione tra ultimi e penultimi (operai del nord e contadini del sud, suffragio universale e discriminazione delle donne, occupati e “crumiri”) ma riteneva, correttamente, di poterla superare solo attraverso la crescita globale della società e delle sue istituzioni collettive.La sinistra di oggi (chiarissime, al riguardo, le memorie di Hollande: “volevo tassare i ricchi e difendere l’occupazione; il mondo delle imprese mi ha sbarrato completamente la strada, minacciando ritorsioni; ne ho preso atto, decidendo di caratterizzare la mia presidenza con il matrimonio gay”) ha invece deciso di dedicarsi ai diritti dei diversi. Nella convinzione, implicita, che dei diritti di tutti non fosse più il caso di occuparsene: perché già ampiamente garantiti o magari perché considerati eccessivi…Le conseguenze di questa scelta sono sotto gli occhi di tutti.
